Volontà - anno XV- n.3 - marzo 1962

due donne che aspettano con me, ma _per ottenere una risposta, secca cd evasiva, de\'o passare attraverso quattro lingue. Probabilmente sono madre e figlia, - questa un bel tipo di ragazza nordica, quasi bionda, alta, ve. stila con ricercatezza: calzoni attillati, blusa ben tagliata, due colori per– fettamente consonanti, borsa a sacco apparentemente nuo, 1 n - e parlano ebraico. Domando in inglese, fanno segno di non capire; in francese, neppure; in tedesco neanche; mentre mi allontano quasi rassegnato ma non com•into, sento che hanno cambiato lingua e in russo stanno dicendo che gli autobus sono troppo pieni. Allora torno indietro e in russo, le obbligo - con gioiosa, callÌ\'a, soddisfazione - a rispondermi; non pos– sono dirmi che non lo sanno, stavoha. Però non si sforzano troppo, solo sette 1>arolevengon fuori dalla bocca della madre ( « aspettate e su <1ualche autobus ce la far~te a cacciar\'i »), accompagnate da una smorfia che \'Uol dire chiaro di sloggiare, come se fossi un mendicante, un creditore sul piano morale, o altra persona non grata; e subito mi voltano le spalle continuando a discorrere, in ebraico. Non capisco la ragione di questo comportamento; forse sono stato preso per un arabo, o per un tedesco; forse esso dipende soltanto dalla generale riser"atezza e talora patente scortesia con lo straniero, che ho notato e subito altre volte in Israele e che per mc ha rappresentato una es1>erienza interessante, diversa da quelle patite o godute in altri paesi; che voglio riferire bre\'emente per amor di comparazione. Sbarcato a Dover, seguo la folla e salgo su un vagone che mi pare troppo bello per essere di terza, a me abituato alle Ferrovie di Stato italiano; perciò chiedo all'inglese che mi siede a fianco di che classe sia la carrozza. Risposta: « Scenda e vada a vedere cosa c'è scritto fuori ». Un'altra volta - e perdonabile, data la violenza dell'umorismo - chiedo un passaggio di tre miglia a una macchina ferma presso w1'osterin della contea di Salisbury: il marito è sceso, la moglie è seduta davanti; dietro c'è soltanto un cagnolino; risposta della signora: « Mi dispiace, ma non so come la prell(lcrebbc il cane! (Sorry, I donL't lmow how tlie rlog will take il)>>; mentre in altri casi la cortesia di sconosciuti automobilisti è giuntn al punto di allu,ngare il percorso di parecchi chilometri 1>er por– tarmi a destinazione. In Germania, appena esco dalla stnzioncina di un 1)aesino presso Worms, chiedo a un ragazzo dove sia il campo di lavoro (costruzione di abitazioni per IHofughi d'all'est). Non l'avessi mai fatto; non solo m'accompagna subito sul luogo e mi aiuta a portare la valigia, ma per tulla la durata del cantiere non riesco a spiccicarmelo vin: è un boy-.~c<m.t, gli hanno insegnato che de\'e essere servizievole e gentile con tulli, specialmente con gli stranieri, perciò (a il suo doverino rigidamente, costantemente, ounsnmcnte, da brn\'o figlio d'un tedesco, sino in fondo; senza capire, in un mese, che il servizio era terminato giìt il primo giorno, e che mi sta,•n scocciando. In Russia e Polonia la cortesia con il fore– stiero assomiglia a quella dei paesi latini: è immediata e spontanea, cd è quasi subito, o contemporaneamente, ospitalità e d'ono: a 11\10!,cauna bigliet1aria non m'ha fatto pagare il tram, ~emplicemen1e pcrchè ha sentito 142

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