Volontà - anno XV- n.3 - marzo 1962
In unn piccola località non lontana da TeJ Aviv pa!&Oun pomeriggio simpatico e riposante, presso una (amiglia di ebrei italiani, emigrati in Israele prima deJJa guerra mondiale; dove mi trovo subito a mio agio 1>er la civiltà dell'ambiente e delle persone. Sparsi sui tavoli del vasto soggiorno e negli scalfali, vedo con soddi– i:(nzione ottime pubblicazioni italiane, fra cui gli ultimi romanzi di Einaudi. Il pranzo si apre con il vermut (che [a tanto ,,iaccvolmeute Italia), e si mischia a una pacata discussione (i miei os1>ili pare votino l\ta1>ai, ma le loro argomentazioni sono assai lontane dalla rozzezza governativa) - sulle condizioni d'Israele, sui rapporti fra arabi cd ebrei, sulle difficoltà di riferire obiettivamente su questo paese, data la complessità dei pro– blemi - che dura a lungo, tmche fuori, nella frescura di un educato giardino. E' presente la moglie di un giornalista (o di un pubblico ufficiale) il <1ualc ha spesso l'incarico di ricevere i giornalisti esteri e cli introdurli ai 1>roblcmi quotidiani e di fondo della vita israeliana. Poichè dico subito che anch'io scriverò qualcosa, come ho Catto doJ)o aver visitato altri paesi, me ne alieuo immediatamente la simpatia: t< Mio marito perde il suo tempo in quel' lavoro iugra10, con pochissimi frutti; vengono dn lui, lo nscoltnno, 1>rend'ouo a11punti, si formano 1>ochissimi giorni; poi scrivono quel che vogliono, tranciando giudizi con una faciloneria <' unn igno• ranza dn for paura. E ciò capita nove volte su dicci». L'accusa preventiva non riesce a mettermi a disagio, sia per il godi– mento 1>rocurato dall'ambiente, sia pcrchè non sono giornalista; anzi non mi costa (atica a darle ragione, rincarando la dose; sin <1uando salta Cuori, allo stesso 1>roposito, una deliziosa veridica storiella, che 1>ar ridivenuta attuale in Italia, queslo autunno. Un giornalista e scrittore italiano che va 1>erla maggiore - il mio ospite non ricord'a il nome - <1ualclle anno (n viene in Israele per conto di un grande giornale milanese; è accolto con i dovu1i onori, gli sono aperte le migliori 1>orte, è facilitato con illustra• zioni e racconti su ogni as1>cttodella ,•itn del paese. Per la parte economica lo portano dal direttore di una grossa banca, persona mollo per bene e normalissima, che lo accoglie uel suo arioso, chiaro stuclio e lo raggua• glia nel migliore dei modi. Ma in seguito, leggendo uno degli articoli firnrnti dall'esimio, trovano una stranissima, ind'ecentc, descrizione di quella visita: lo studio diventa una stanzetta equivoca, semi-buia, e il dircnore di banca un piccolo usuraio, rappresentato coi tipi della propa– ganda tedesca dell'epoca di Siiss l'ebreo; se.nza il minimo riforimcnto cou la realtà. Scrivono sdegnati alla redazione del giornale, per un doverosa rettifica, ma non serve. A questo punto l'indovinello è fìnilo e la risposta forse non è difficile: come non pensare all'autore di quel pasliccio nazi[a. scista a soggetto israeliano, di recente messo in scena a Milano, e al <1uotidiano che ordinariamente ne accogli.e gli scritti? 15 La figlia del mio ospite è a militare, e i primi tempi sono stati psico– lo~icamente moho duri per lei, pacifista convinta; voleva rifiutarsi di fare i due mesi di istnizione con le armi, obbligatori anche per le ragazze, 139
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