Volontà - anno XIV- n.5 - maggio1961

spetta sempre alla legge il giudica– re, e che i tribunali esistono anche per gli uomini di Stato. In teoria 11ì, ma in pratica le cose sono al– quanto differenti. D'altra parte in clima diltatoriale, sopratutto quan– do la demagogia è riuscita a imbot• tire bene alquanti milioni di cer– velli, l'elevatezza del senso giuri– dico perde molto di quota: l'indi– pendenza di giudizio si riduce a zero, il « fatto compiuto>> finisce col dominare sovrano, incontrastato e implacabile. Che la necessità di uccidere - aoche quando ha una razionale giu– stificazione - sia permeata d·a un non so che di tristezza, può essere una particolare verità; ma allora che dovremmo dire delle immani e inutili stragi delle guerre in gene– re, specialmente oggi che hanno to– talmente perdu10 anche quel poco di logica o di significato che pote• vano avere un tempo, e che ora si riduce esclusivamente ad un assur– do e totale annientamento di tutto e di tutti? Proseguiamo ancora con la tesi di Lupino.cci: « Purtroppo è toccato alla nostra generazione quello che la generazione di Massimo d'Azeglio non conosceva, e che non conob– bero, ne credcuero pili possibile co• noscerc, le generazioni che vissero gli anni dell'epoca bella: veder ap• parire forme di tirannidi delle qua– li ]'umanità aveva perduta la me– moria, la cui esistenza storica si confomleva con la leggenda, e che la stessa storiografia cercava di al• tenuarc tanto parevano inconcepi– bili. Di fronte a questo s1rnveutoso ritorno dei mostri che hanno al ser– vizio d'ella loro cmdeltà mezzi di distruzione addirittura apocalittici, la tentazione di ammettere il tiran– nicidio è assai forte, e si presenta con argomenti che non si presenta– vano per giustificare la soppressio– ne del tiranno domestico di un tem– po, quasi inerme con 1a sun sbir– raglia». L'autore sembra convincersi che « talvolta » possa esistere benissimo la nccessitit di mandare all'inferno simili belve mnane, come Dante credette OJ)J>Orhmodi metterci <Jual– che elevato gerarca della mad'r-e Chiesa; ma veniamo subito disillusi. Infatti continua: « Anche a questa tentazione però bisogna resistere. Se non le si vuol resistere in nome del puro principio cristiano o in nome delle conquiste morali di una civiltà agonizzante, mn che propri.o perebè agonizzante dovremmo di– fendere tutta intera, giacchè nel mondo morale ogni concessione è indebolimento >>· · Ah, sì: uon può essere concesso tale « indebolimento >>ad un corag• gioso iudivid"uo, mentre tutto può essere permesso ad un politico sen– za scrupoli. .. E in tali casi, di gra– zia, com'è possibile di{endere una civiltà agonizzante lasciando mano libera proprio a quegli individui che si prefissano il preciso scopo di strozzarla del tutto? Sta bene: vogliamo ce"rto credere che Lupinacci non intenda con que• sto ammétterc come liceità tutto il male e tutte le rovine che può com– mettere un dittatore; poichè sareb– be il colmo d'ella rassegnazione çhe può raggiungere il cervello umano. Ma non s'avvede della grossa incon– gruenza n cui va incontro con <1uel– la specie di morale dogmntica? Egli però opina: « Se ci sentinmo indot• 307

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