Volontà - anno XIII - n.12 - dicembre 1960
non ci voglio stare. Dopo la guerra sono stato alcuni anni in Francia, all'Unesco; era tma bella vita; solo che una volta ho fatto a pugni con un ufficiale americano, che protestava pcrchè gli avevo fregato la ragazza e mi hanno espulso. I primi tem1>i in Polonia sono i;tati duri: gli operai facevano quello che volevano, dicevano tutti di essere comunisti, grida• vano sempre, lavoravano poco, avevano sempre ragione e non si potevano licenziare; poi, con Gomulka, le cose sono cambiate: lavorano piìa se. riamente, guadagnano un pò di più, rispettano i capi, ubbidiscono, fan– no meno politica; e se non rendono, li sbattiamo ,,ia ». La prima sera passata a Mogilno, chiacchierando con i polacchi del campo e qualche curioso del paese, tulli seduti sui gradini dell'ingresso dc11a scuola, a goderci la luna - venuto fuori il discorso della terra e dei contadini - che sono più liberi, stanno meglio di prima dell'ottobre, ecc. ccc., - a una mia domanda che conteneva la parola «cooperative», tutti i polacchi scoppiarono a rid'ere; proprio come se avessi chiesto notizie sulle culture lunari. In effetti le cooperative agricole coprono oggi appena l'uno per cento (non il 3-4%, come affermò un componente del nostro « stato maggiore ») della superficie nazionale utilizzata, contro un dieci per cento nel 1955, e il dodici per cento che è stato sempre te– nuto dalle fotlorie di stato; insieme, fattorie statali e cooperative, costi– tuiscono il settore socializzato della campagna, ed è in <1uesto che gH or– ganizzatori del campo ci hanno condotto a (are brevi, ma interessanti incursioni. Abbiamo lavorato, per un giorno, anzichè sulla strada, sui campi di una cooperativa, a raccogliere in nmcchi i fastelli di fnunento e di se– gale, lasciati dalla mieti-legatrice; il lavoro è risultato più lento e pii1 faticoso del previsto, poichè è toccato alla nostra imperizia rimediare al cattivo funzionamento della macchina, che lasciava slegato un fastello su tre. Il Ilrcsidente della cooperativa venne ad accoglierci, la mattina, e ad assegnarci H compito per squadre, montato, lui e il suo aiutante su un modesto baroccino: facendomi ,•enirc in mente uu nitro presidente, quello del colcos sovietico dove lavorai due anni fa, che invece viaggiava in Pobicda. Qualche giorno dopo tra i compagni polacchi corse voce che eravamo stati pagati, per il nostro lavoro, e che con <1ucldenaro lo « stato maggiore» avrebbe acquistalo dei regali, da distribuire n ciascuno di noi stranieri, come souvcnirs, la vigilia della partenza; il che, natural– mente, non è avvenuto. Una sera fummo invitati dal gmppo della Gioventù Rurale di Or• chovo (pochi chilometri da Mogilno) a tma festa in nostro onore, nella sede della cooperativa di commercio della zona; discorsi del presidente della cooperativa (1600 soci, 7000 ettari, una quiudieinu di punti di ven• dita, due panetterie, due macellerie, un giro d'affari di 65 milioni di zloty all'anno) e del segretario della Gioventù Rurale (43 membri); caffè, molto vino, molte paste, brindisi un pò per tutti i gusti. Il locale, vasto, con il tetto a capriate, da una parte un piccolo palcoscenico, sul <1uale 728
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