Volontà - anno XIII - n.10 - ottobre 1960
zia italiana l'hanno stupid'amcnte sottoposta, il giornale ha la vita as– sicurata e fà sentire la sua energi– ca voce su tutte le questioni, ope– raie o di partito, che sono all'ordi– ne. del giorno ». E' iu questa occasione., partico– larmente, che alcuni giornali inco– minciano a parlare d'elio presenza in Italia del Malatesta. Agli arrestati di Ancona non si poteva imputare nulla, se non l'ac– cusa, allora ali' ordine del giorno, di « associazione a delinquere ». In base a questa accusa, il gruppetto d'anarchici anconetani arrestati, co– me per tutti gli altri nelle diverse parti d'Italia in applicazione delle leggi di polizia e di quelle sulla re– pressione delle mene anarchiche, veniva loro applicata la legge sul « d'omicilio coatto ,. e venivano de– portati nelle varie isole. In lutti i casi riguardanti proces– si di anarchici era il tristemente fa. moso Art. 248 del Codice Penale che entrava in funzione. Era {acile incappare nella rete di questo articolo perchè in esso si di– ceva che: cc Quando cinque o più persone si associano per commette– re delitti contro l'amministrazione della giustizia o la lede pubhlica o l'incolumità pubblica o il buon CO• stume e l'ordine delle famiglie o contro le persone o la proprietà, cia– scuna persona è punita, per il solo fatto dell'associazione, con la reclu– sione da uno a cinque anni. Se vi sono promotori o capi del– l'Associazione, la pena per essi è da tre a cinque anni. Alle pene sta– bilite dal presente articolo è sem– pre aggiunta la sottoposizionc alla sorveglianza speciale della pubbli– ca sicurezza ». Ed allora, gli anarchici, organiz– zati o no, erano tutti ritenuti fa– centi parte di un'associazione che, secondo il governo, cadeva nelle particolarità. previste dal famoso Art. 248. Di qui e da questo, for– se si potrà capire pii1 chiaramente come molti anarchici tentassero di difondersi - senza mai riuscirvi pe– rò, perchè erano sempre e in qual– siasi mod'o condannati - dichia– randosi degli isolati o addirittura de– gli avversari dell'organizzazione. Pietro Gori, che fu il diJensore della maggioranza dei casi nei pro– cessi per I' applicazione dcli' Art. 248 del Codice Penale riguardante l'associazione di malfattori, ricono– sceva che, « essendosi infiltrato tra molti anarchici della penisola il pregiudizio - vero dogmn indivi– dualista negativo - che gli anar– chici non debbano associarsi, ricor• da di aver riscontrato, nei molti processi di questa natura che ebbe a difendere, dal )690 in poi, uno sfor– zo persistente d'egli accusali a nega– re, che essi fossero associnii nel comune lavoro di diffondere le idee. pure rialfcrmando la fede nelle me– desime ». Disuso di esercizio d'una libertà che fu presa per una rinun– zia, e fece imbaldanzire i persecu– tori; cosicch~ gli imputati aveva– no un bel negare di essere associa– ti (ed era vero purtroppo) le con– d'anne per l'articolo 248 fìoccavnno lo stesso ,,.,. L'Agostinelli, che era per l'orga• " « Il ProceMo Malate.la e eompagni in– nan:i:i nl Tribunale Penale cli Aneona "· Pre• fazione di Pietro Gori all'edi:i:ione 11i Bue– nos Aires del 1899. « Ai compagni del Sud America, eit. pag. 4. Edizione • Biblioteca del Pen9iero » Editrice C. Di Sciullo, Ca– stellam,ire Adriatico, 1908. 613
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