Volontà - anno XIII - n.10 - ottobre 1960
Questa la sostanza e Ja ragione del no di Kardclj. Prescind'endo da ogni sorta di cornplicità più o meno consapevole (leimotiv trnppo frequente e trop– po sbrigativo tra le file comuniste per avere una solida ragione di ac– <.usa) una critica obiettiva deve na– turalmente tentare di chiarire se at– tr;iverso al suo no rec.iso, Kardelj vede o non vede giustamente la real– tà dP.iJe cose. E' vero che tutti andiamo a coz• zare 1.·ontro un 'inesornbile condizio– ne impostaci dal tempo; cioè la con– dizionf' di attendere pazientemente gli sviluppi della storia. Tuttavia non è affatto impossibile avere e– lem<"nli sufficienti per una risolu– zione, sia pure approssimativa, del– l'inquietante problema. Rileviamo prima una singolare analogia, La tesi di Kardelj si può considerare complementare a quella del Gilas: il comunismo non di– sirugge la possibilità di una classe dornjnante, o meglio la millenaria coesistenza di d'ue classi, una di do– minatori e l'altra di sottomessi. Il marxismo invece afferma che se vi è una classe che domina, questa è U• nica e composta di tutte le forze effettive del lavoro e dell'intelli– gcu:1a: se vi è dominio, questo si e– splica solo sulle forze della natu• ra, in quanto sfruttate per l'intero benessere delle collettività. Gilas pone una sorta d'inutilità implicita nel comunismo, circa l'ef– fettiva trasmutazione delle stmttu• re sociali; 1 mentre Kardelj pone 1 Si può rilevare che anche quel pBiti• colare fenomeno soeiale che Ta sotto il no– me di burocrazia, è rimuto pressoché in– tatto sono i regimi comuni1li, tale inutilità circa l'effettiva realiz– zazione di mia pace perpetua da parte del sistema socialista. D'altro canto i comunisti dovreb– bero riflettere che una possibilità di guerra definitivamente scongiurata avrebbe come conseguenza l'iuutili– tà dello stesso Stato, almeno come organismo politico, in quanto la stessa ragione di essere dello Sta– to è fondata in parte notevole snl. l'amministrazione, per così dire, e sulla possibilità delle guerre in quanto tali. In rm certo senso abolire per scm– vre le guerre significa esautorare o rendere inutile buona parte d'elio apparato statale. -Ora, siccome è ben difficile pensare che lo Stato abbia voglia di abolire sè stesso, la dottrina comunista viene a trovarsi in 1ma situazione cruciale o per lo meno imbarazzante. O deve consi– <:crare lo Stato qualcosa di transi– torio e di superabile dal buon vole. re umano, e allora deve accordar– ci col tanto disprezzato e persegui– tuto anarchismo; oppure lo consi– dera qualcosa d'i intoccabile nel modo più assoluto, e allora è mera illusione sperare che, lo Stato, in quanto tale, possa diventare lo ster– r~,inato~e di ogni guerra, Con questo non intendiamo di dare un'incondizionata ragione alla tesi revisionista; poichè questa tra– scura altri ed importanti fattori di chiarificazione. D'altra parte si o– bietterà che vi sono esempi di po~ tere statale i quali non vengono, pnnto m.enoniati da una condizione di r,nce pressochè nitra secolare (co– mP, ad esempio, la Svizzera); e de– durre quindi fnlsa la tesi che la i:uerra sia un fattore importante cir– co I.i ragione di essere del potere 597
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