Volontà - anno XIII - n.8-9 - agosto-settembre 1960

to, fiancheggiala dall'intramontabile e< volontà di potenza » ecooomico– politica. Non intendiamo certo di fare i profeti su avvenimenti che natural– mente sfuggono a qualsiasi previsio– ne; ma se il profetizzare non può liberarsi da un senso di ciarlatane– ria, quello che purtroppo rimane come probabilit.à futura ci viene pur sempre indicato dal ripetersi inleli– cissimo e monotono di molte espres– sioni, di certe idee e di azioni che finiscono col condurre alle medesi– me e tragiche conseguenze. E' una ripetizione esatta quasi quanto le leggi naturali.: di certe cose possia– mo essere certi come siamo sicuri che ad un autunno seguirà un in– verno. Pessimismo integrale? Può dar– si, ma al tempo stesso una dispera– ta volontà di speranza. Non certo at– tra,•erso ad un senso d'inutile im– pctrazione, di vana preghiera, ma• facendo leva su di un fondo di sag– gezza, almeno inconscia, che sicu– ramente non manca nell'animo u– mano. La tesi russelliana se da un lato rivela una sorta di grandezza logi– co-morale, d'altro canto non manca di un certo senso d'ingcnuilit. Non i.i pensa, cioè, che le classi domi– nanti non si possono convincere sem– plicemente con argomenti logico– morali. In altri termini: è necessa– rio fare i conti con la realtà espres• sa dalle strutture economico-socia– li, la quale, anche con piena consa– pevolezza, potrebbe preferire la più spaventosa delle avventure, o ad– dirittura il totale suicidio, piutto• sto di com•incersi di fronte alla più terrea delle logiche. Questa è già quasi bandita anche dal campo ma– tematico, ove w1 tempo regnava so– vrana, .figuriamoci se può attecchire in <1uello politico ... D'altronde non è eletto che Rus– sell non abbia avvertita tale sfuma– tura d'ingenuità: non può essere certo sfuggita alla sua acuta menta– lità filosofico-matematica. Egli, in ultima analisi, uon fa altro che por– re la soluzione del problema su di un limite che ritiene indeclinabile: o bere o affogare. Non v'è allra via d'uscila. E' comprensibile che il problema del disarmo non può essere risolto ponendolo su basi più o meno pa– radossali; anche per trn latto im– portante, anzi eh~ si deve ritenere fondamentale alla stessa essenza del rapporto uomo-cose-natura; e cioè che certe risoluzioni fondamentali per i destini umani non dipendono mai interamente dalla sola volontà umana, ma in buona parte pure dal– la pressìo11c più o meno formida– bile delle creazioni scaturite dalla intt}lligenza e dal lavoro in genere. Possiamo essere certi che se l'uo– mo diverrà saggio esso non potrì, mai ringraziare la sua sola volontà, ma pure - e in parte notevole - anche l'imposizione eh'esso deve subire dal carattere, dalla struttu– ra e dall'espressione delle sue stes– se creazioni. Il disarmo lo dovremo pure alla natura delle cose, così co– me le strade asfaltate ci sono state imposte dallo sviluppo delle niac. chine in quanto tale. E' una sorla di legame, di scambio, una serie di conseguenze imperative alle quali non è possibile sottrarsi; ed è la

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