Volontà - anno XIII - n.5 - maggio 1960
La douua aveva uua grande inq>ortam:a nel si:Hemn della piccola pro– prie1à e della piccola industria, inq>ortanza che derh 1 a,•a dalle grandi iun– .zioui domestiche che le erano affidate. fo(aui, ella filn\"a la lana, tesseva, tagliava e faceva le vesti, lavava i panni, cuocc,,a il pane ecc. e compiendo Hllli questi molteplici lavori era un essere veramente prezioso e rappre– sentava nel seno della famiglia l'ordine e l'amore. Oggi la proprietà ha sofferto In trasformazione che abbiamo indicata, l'industria domestica che costituiva la importanza dcllu donna, è stata annientata dalla grande industria sociale: il pane, i panni e perfino gli abiti Catti si trovano nelle botteghe a condizioni molto più economiche: le abitazioni destinate agli operai nelle grandi città non permellono alla donna certi lavori, per esempio, il lavare i panni, operazione che la grande industria si incarica di compiere col mezzo delle grandi lavanderie mec– caniche. Le grandi dislanze che separano gli operai dalle fobbriche e il poco tempo concesso al cibo li obbligano a mangiare in bettole vicine. A che dunque è ridolla la missione della donnn nclln (amiglia, creata dal regime della grande proprietà? Lo diremo con (ranchczzn, quantunque si scaudaliz:t.ino i1•ocritamente gli adulatori della borghesin. E' ridotta al letto. D'altra parte, a misura che il lavoro domestico diminuiva, H lavoro sociale trovava il mezzo d"impiegare l'atth•itìt della donna. La di, 1 isione del lavoro e l'impiego del va1,ore f'OlllC (orza mo1rice ho. permesso all'indu- 1Hria di sostituire l'uomo colla donna e questa col fanciullo, e per conse– guenza si s1>ezznrono compleiamcnte lutti i legami che potevano unire la dorma all'uomo e i figli al padre. Jnfatti, dacchè la donna sostenta da sè la propria vita, nou è 1>iùcome nell'antica famiglia un essere d1f' debba adat– tarsi alla Yoloutà del suo signore e padrone, ma può contrattare, imporre condizioni, e in ogni caso è una compagna libera e indipendente. I figH dell'opcrnio non si sottomettono ora ai capricci del loro padre per la epcrnuza di veder aumentare la loro eredità, perchè sanno perCcttau1ente eredità non ce n'è, di 1>ii1,non aV"CudoIn necessità di essi per ,;ostenere materialmente la esistenza, i;i sentono indipendenti e non h11nuo bisogno, come il figlio del borghese, della maggior età legale 1>eremanciparsi dalla tutela paterna. Ci si accusa ad ogni momen1O che noi predichiamo la distruzione della famiglia. Se ciò fosse vero, predicheremmo un fotto che si compie ai no– stri giorni e di cui noi non ne abbinmo la 1>iù piccola responsabilità. E' sempre la borghesia quella che ci accusa di commettere i deli11i che essa commette. La distruzione della fomiglin è una conseguenza fatale, inC'vi1abile, del– la graude proprietà indh•idualisla e borghese. La introduzione della donna e del fanciullo nel lavoro sociulc è d'una importnnza capitale per la borghesia industriale. Ju{a11i 1 fintantochè il mantcnimen10 della (amiglia {u a carico dell'uomo, i mezzi, con piia o meno privazioni, stavano a livello delle nccessi1à, ma quando la grande industria obbligò la donna e il (anciullo a entrare nell'officina, il salario 308
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