Volontà - anno XIII - n.4 - aprile 1960

o rassegnarsi a essere soltanto uno stomaco, o mentire e negare che sia possibile continuare a vivere così. Questa mancanza rli prospettive politiche lo costringe a ricorrere alla menzognn per ingnnuare gli altri e dimostrare il proprio rancore. Ma anche in questo caso è evidente la debolezza dei suoi ergomenti. E' costre1to a mentire per rivendicare una maggior ricchezza. Si sente obbligato a reci– tare la parte del morto di fame. La lotta contro lo sfruttamento perde il suo carattere finale per diventare nient'altro che la rivendicazione d'ella bistecca. Qnhidi non c'è da stupirsi se in questa situazione molti non vo– gliono correre rischi per ottenere qualcosa di più .... Lo spazzino del reparto, la cosa, la vede diversamente. Lai non è stato politicizzato, e, forse, anche perchè è un Africano, non ha perso di vista le aspirazioni umane pili elementari. Più di chiunque altro è disgustato dal fatto di venir considerato come una macchina. Dice che i suoi capelli stanno diventando grigi e che vorrebbe andarsene prima che siano diven– tati bianchi del tutto. Rifiuta il genere cli vita che gli viene imposto. Gua– dagnare un po' di più o uu po' di meno, non è questo il problema. - Mi trattano male - dice - perchè sono un manovale, ma quelli che mi pren– dono in giro non sono meno stupicli di me. Quando io ho sonno e faccio fatica a tenere gli occhi aperti, hanno sonno anche loro. Rimangono qui dentro tanto tempo quanto ci resto io, fino a sera. E allora? Guadagnano un po' di più perchè sono specializzati, ma non possono fare a meno di venire qui tutti i giorni, come me; e Canno sempre la stessa cosa, come gli idio1i: senza sapere perchè -. E continua: - Si credono più furbi, ma sono come me -. E per consolarsi: - E sbavano tutti, come me. Ma gli ahri si sono rassegnati quasi tutti a questa condizione. L'in– giustizia, la gerarchia sociale, l'assurdità della vita che dobbiamo fare, In mediocrità quotidiana, tutto questo è con~iderato come l'ingiustizia obbli– gatoria di qualsiasi società. Al di là di questa ingiustizia ufficiale ci sono altre ingiusùzie anormali e contingenti. Ad esempio quella di non aver abbastanza dn mangiare. Ma dato che in realtà questa ingiustizia non esi– ste, allora la si inventa, così c::omevengono esagerate l'eventuale disoccu– pazione e altre disgrazie che possono abbattersi sulla ellisse operaia. Lo spirito d'iniziativa che esisteva Ira i lavoratori qualche anno ra, l'idea stessa di lottare· per ottenere migliori condizioni di vita, sembrano mo– mentaneamente scomparsi. Sono questi gli operai che si possono incontrare nella lavorazione a catena e nei reparti, all'alba della V Repubblica. Alcuni, soltanto un anno fa, erano pronti a gettarsi in grancli agitazioni. Altri qualche anno fa, non esitavano a fare molte settimane di scio1>ero. Sono gli stessi operai che nel 1953, durante lo sciopero dei dipendenti statali, erano pieni di speranze; anebbero partecipato all'agitazione se i sindacnti glielo avessero chiesto. Sono gli stessi che per anui hanno aspettato direttive efficaci; oggi sono stanchi e deln.si . Adesso dicono: « De Gaulle? Perchè no? » oppure disgu– sl:Hi, ti dicono che i giornali non li leggono pili. DANIEL MoTHÉ <la: Diario di un operaio 1956-1959. Ed. EinaU<li. 275

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