Volontà - anno XIII - n.1 - gennaio 1960

dello alle prigioni. C'è pcr~ino (ma chi se ne ricorda tra coloro che do– vrebbero renderlo operante?) l'art. 27 della nostra Costlluzione in forza del <1uale « le pene non possono c:onsistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato )). Persino in campo in1ernazionale il detenuto trova uua proiezione. L'J. •talia accettò il programma minimo dei regimi penitenziari stabililo a Ginevra nel 1955, nel primo Con– gresso delle Nazioni Unile, alle quali spetta dal 1950 il compito di regolare le questioni relative alla prevenzione della delinquenza in rapporto alla custodia elci detenuti. E lo spirito di quel programma è che il de1enuto è un uomo con dei diritti e Ira quesli dirilli c'è quello del ri– spetto della sua per~ona fisica e morale. In campo nazionale. non sappia– mo quale fine abbia fotto la Com– missione permanente di deputati e senatori che era stata accettata dal go\'erno nel clibauito parlamentare del 1948 cui si è accennato all'inizio di questo serino: probabilmente a– vrà coaosciuto la sorte di molte altre iniziati"e che vengono progettale in quel. luogo: sarà nata-moria, o <1uas1. I re~olamcnti non sono rispettati, gli articoli costituzionali rimangono (lelle belle affermazioni di principio cd il mondo delle prigioni rimane un mondo di infamie e di dolori. Il coafiae che lo separa dall'altro mondo non è lracciato dalle massic– ce mura, dalle grate, dai divieti as– surdi e stupidi che si trovano nelle prigioni, ma dalla mentalità <"he là '<I.entro si forma, dall'aria pregna di vizi e. di \'eleni che vi si respira, dai sis1cmi feudali e camorristici che ,•i si usano. In tale tetro ambiente i detenuti debbono vi\'ere e non han– no altro da fare che alteuderc che il tempo passi iu una pesante mono– tonia. Solo coloro che sono dotati di una grande forza morale e di grandi risorse interiori, possono s[uggire alla degenerazione morale, psichica e fisica che avviene in qua– si tutti i carcerati. E' questo un male antico, ontichig. simo delle. prigioni e non è tipico di quelle italiane. Se nei nostri penitenziari "i è il santa,uonio, in quelle francesi vi è il passage à tabac, in quelle ameri– cane sono abbasLanza frequenti i (( suicidi >> dei detenuLi iugombran– ti, e nelle prigioni di Spugna, Ger– mania, dei paesi dell'Europa orien– tale e ovunque accadono e1,isodi tra– gici che si assomigliano tutti. J. P. Sartre, nel suo ,,igoro~o ed efficace scrilto contro la tor1ura, << Una vitloria >, dice che la tortura crea il torturatore. Così la prigione crea l'abieLione, la forocia, i vizi e un'infinità di altri mali. Lo stesso carceriere, che appartiene gcnernl– ruente ad una categoria scadente di indi"idui (chi ha una certa eleva– tura morale si rifiuta di Care quel mestiere), al quale si [a risalire la responsabilità di tante cose brulle d1e accadono nelle prip:ioni, è rl1e right man in tlre riglit f}lace. Anche se volesse far il suo mestiere con un poco di umanità non lo potrebbe, perchè non può proteggere i dc1e– nuti e nello stesso lempo accontcn– lare una clirezione che non vuole fastidi, (cioè proteste, reclami, ri• ('hieste ecc. dei dclcnuti), che \'UOle la disciplina dei reclusi ma non le 29

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