Volontà - anno XII - n.10 - ottobre 1959

In quella folla, in ognuna di <1uelle persone, c'è una gioia vuota e ar1i6ciale, come se venisse fuori da un disco, da un lele,·isore; poca libertà, poichè i movimenti sono quasi tutti colleuivi; e oieole foturo, poichè i bambini sono interamenle schia, 1 i dell'antica, presunluosa stupidi1à dei grandi. Forse siamo troppo esagerati, noi pochi ancora cittadini d'Europa, ma ci pare gioia soltanto quella che esce imprevisla, spontaneamente, in modi liberi e individuali. Le altre manifostazioni, come questa, preordinata dal passato, o altre ovunque nel mondo, costrette dalla forza dello stato o dalla avida insipienza dei monopoli del mercatc,, non ci piacciono: sono retaggi o prodromi d'inciviltà che respingiamo. 2 j Un intero giorno feslivo l'abbiamo passato, noi civilisti europei, as• at sieme col direttore della Maiion d'En/anti, per andare a visitare, cento• cinquanta kilometri nell'interno, oltre Azrou, la colonia dell'organizzazio• ne marocchina Jeunene et. Eipoir; che ospitava una parte dei ragazzi al• gerini. Era una tendo1>oli, in fondo a una vaJle profonda, percorsa da un vero torrente, in mezzo a una popolazione di alberi alti e ombrosi. Il luogo dava l'impressione di pulizia e di ordine: sentieri e piazzette disegnate con file di grosse pietre bianchissime, campi da palla a volo, una bella piscina con acqua corrente, gruppi di ragazzi al gioco o al lavoro, ecc. ecc. In uno stile misto di militare e di cow-boy; ma un'imitazione inCapace e infedele, perciò ancora umana. Da una delle squadre oltre il torrente, le Groupe dei Lioni, si staccano improvvisamente e corrono addosso al direttore, una decina di ragazzi; e il loro numero aumenta, a mano a mano ehe si sporge la voce del nostro arrivo. Il direttore ci presenta e alcuni ragazzi restano sorpresi, perchè fra noi ci sono anche due francesi. « Certo, perchè no? di francesi ee ne sono di buoni e di cattivi; questi sono venuti da noi per aiutarci ». E a noi: « Non voglio proprio lare, dei miei ragazzi, dei razzisli; nel mondo possiamo tutli convivere». Altri ragazzi si lamentano dei loro istitutori, perchè non li vedono di buon occhio; chiamano gli algerini « secondi fran– cesi», ma i primi se ne sono andati dal Marocco o non comandano più, questi invece continuano ad aumentare. Ma non c'è che sopJ>Orinre, in que• eti casi; Jeunesse et Eipoir li sia mantenendo interamente. per due mesi e mezzo di ,•acanze; bisogna accettare la realtà, cioè l'estrema insufficienza di mezzi finanziari, senza troppe storie; non resta che spiegare ai ragazzi il valore obiettivo, o J)sic;.ologico,di quel deprezzamento. Un riflesso di tale ostiJità ricade anche su di noi, visitatori stranieri; la <1irczione del campo ci tratta con voluta freddezza e, cosa più grave, non ci dà nulla da mangiare, pur essendo ormai le due del pomeriggio, ed avendo noi stessi dichiarato d'aver fame. A fatica ci indicano quali sono le squadre di cui fanno parte i ragani algerini. Così pranziamo ad Azrou, in una tratloria araba; ci trattano con compiaciuto rispetto, perchè siamo entrati nel loro locale, arabo e di ten'ordine, noi europei; all'autista che 587

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