Volontà - anno XII - n.10 - ottobre 1959

po pochi. Mentre la maggioranza ha preferito indcatolarsi come in Europa negli appartamenti moderni (con le stesse crepe nei muri nuovi, a Rabat come a Barleua), composti di cubetti sottili e tremanti, a Marsiglia come a Casablanca. Questa ciuà è la grossa eccezione, nella urbanistica marocchina: lì -e'è stato sveutramente e confosione, accatastamentO del nuovo e spacco del vecchio, grattacieli della Société Générale a cento metri dalle catapecchie della niedina (contrasti che esistono anche in occidente, non soltanto a Mosca, come si affreltano a scrivere gli inviati da strapazzo di tutti i roto– calchi occidentali); c sopratutto odor d'affari e tanfo di droghieri, valoriz– zazione spastica del metro quadro e transito di tassiste; alberghi odiosa– mente nuovi e palazzotti di stile f-uuzional-rococò: roba, insomma, che mi la già tanto male a Milano. Dei pomeriggi in libertà me n'è rimasto impresso uno, perchè fatto d'imprevisti e di timori, di solitudine e di contano diretto con la monta– gna bérbera (sempre larga e piatta, come in tutto il Medio Atlante) e la sua gente. Ero sceso all'oued con un amico algerino, ma non avevo nessuna intenzione di assisterlo, dalle quattro alle otto, nello stupidissimo esercizio della pesca; perciò dopo averlo aiutato a coglier lumache da metter sul– l'amo e averlo visto estrarre dall'acqua faticosamente (come capitava due volte su tre, a lui. e agli altri) una grossa viscida tartaruga, me ne sono andato. Cammino sotto il sole, lentamente ma senza soste, lungo una pista de, seria oltre l'oued, in direzione opposta della strada nazionale; superate le prime alture, quelle che si disegnano ogni giorno contro il cielo dalla -collina del caid, mi trovo in un vasto pianoro in mezzo a una terra ancora più bruciata, con pochissime case, tutte lontane dalla pista; i rarissimi passanti mi guardano, dall'asinello, con occhio stupito. Dopo due ore di marcia mi siedo sotto un albero quasi ombroso, per osservare un gruppo -di bambini poco discosti: due giocano a big1ic, lanciandole col pollice .rovesciato fuori dal pugno, colpendo quelle dell'avversario, con stupenda abilità, a distanza di quattro, cinque metri; rincorrendole e saltellando in un movimento continuo di stracci penduli e scoloriti; gli altri, seduti, guardano i gipcatori di turno, commentando solo con gli occhi. Quanclo si accorgono di me, smettono di giocare e lentamente, scam– biandosi parole strane e risa eccitate, cominciano ad avanzare: i più co– raggiosi, fra cui due bambine di otto-dieci anni, fanno balzi in avanti get• tandomi sul viso domande che non comprendo, cui rispondo in una lingul'l -the ignorano; capisco che prendono le mie parole francesi e le storpiano nel più vicino fonema berbero, per trarne un significato divertente. A ma– no a mano che il dialogo continua e anch'io mi diverto, alcuni bambini sono arrivati a toccarmi con la punta di un dito: prima la camicia o un piede, poi la testa o una mano; un ragazzetto sale sulla pianta e mi getta .dei fichi acerbi e duri. Infine sono tutti intorno a guardare come sono fat- 583

RkJQdWJsaXNoZXIy