Volontà - anno XII - n.10 - ottobre 1959
e quindi se ne intendono); altri tirano fuori Je fotografie ((( che non pos• sono essere false») e pensano la Cina come un modello da inutarc per Ja rapida soluzione dei futuri problemi dell'Algeria indipendente. Degli Stati Uniti non ho udito nessun giudizio, se non come di co~a troppo bella e lontana, incontrollabile; solo una seontata disappro\'azic,nc pc1· 1100 es– ser l'America inter\'enuta ad impedire la fascistizzazione della Francia; avevano tutti i mezzi a disposizione, se avessero voluto i1upiegarli: mili– tari, 1>0litici, cconomici 1 finanziari; adesso è troppo tardi. Anche su de Gaulle i giudizi sono riservati: preferiscono non parlarne, o non definirlo; sanno che è un pu1>azzo in mano ai militari, ai grandi proprietari, ai fi– nanzieri, ma in fondo ci credono ancora. Ed è naturale: altrimenti do– vrebbero ammettere che anche l'ultima speranza di compromesso ( che non sin brutalmente imposto dull'csterno) è tramontala; e che solo Ja fine della guerra deciderà del.la libertà dell'Algeria e delle loro singole vite. Fra di loro, gli algerini del campo parlano - passando coulinuamen– te da una lingua all'altra - in dialetlo algerino e in francese; ma riem• piono l'arabo di parole [rancesi ( di politica e d'arte muraria, di trasporti e di scienza), mantengono pulito di barbarismi il francese. Leggono e scri– vono correttamente il francese; leggono, ma non scrivono (se non in rari casi) l'arabo letterario; in rcahà 5000 del tutto integrati nella cultura lrancesc 1 ne sono coscienti, e di fatto, fieri. Se desiderano la reintroduzio– ne dell'arabo come prima lingua neJle scuole dell'Algeria libera, in real– tà lo fauno per contrapposizione ai francesi, che appunto l'hanno tolto; e per un sentimento tulio 1>olitico di attaccamento agli altri paesi del mon– do arabo, che non conoscono o che, se conosciutì, non apprezzano troppo ( il Marocco per l'arretratezza delle condizioni sociali, la Tunisia perchè « conta poco »). ella lingua del bel paese, do"e la madre chiesa ha sede, hanno imparato unicamente la bestemmia; che usano si con parsimonia, ma con preciso senso d'o1>portunità; sicchè anche quando parlano arabo è possibile comprendere agevolmente: dalle intrusioni in francese, l'argo• mento del discorso; dal numero delle parole in italiano, il suo calore. Persino fra di loro il giudizio sugli italiani è negativo: dai la,·orntori ìta• Jiani in Francia (hanno conosciuto quasi esclus.ivamente muratori) hanno tratto - oltre la be5tenunia - un'idea dell'Italia allatto deteriore: per qualcuno è addirittura comparabile a1 Maroe<'o, nemmeno all'Algeria. Cosa sono invece - o meglio cosa erano - per i francesi, gli alge– rini? Una parte di loro veramente, come vuole la propaganda in1egre1ista? Probabilmente soltanto quc5to: in Francia, una manodopera indu5triale sempre pronta: utiUzzabile a costi pari a quella nazionale, 5C specializ. zala; sottocosto, per la 1111amassima parte, percl1è formata da manovali. In Algeria un sottoproletuiato pre,,,'1entemente agricolo, che la,,ora comnn• que, a 5alari di fame. Per i generali due cose: uua fonte di giovnni leve, pour la clé/ense de la patrie, di quella patria di cui i francesi per primi, ne11'ultima guerra, hanno dato pTova di fregarsene; e contemporaneamen• te il luogo e la carne di sfogo, 5u cui sparare 1a TRbbia di tante battaglie perdute: in Europa, in Africa, in Asia. 572
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy