Volontà - anno XII - n.10 - ottobre 1959

A duecento metri dalle casermette, tramutate iu classi, proprio sul• l'orlo del declivo verso l'oued, c'è una casetta, un solo locale dentro, un blocco a calce fresca esternamente; di fianco alla porta, contro il muro, un rettangolo di. terra coltivata grande come un giornale, cintato di sterpi, con due piantine di pomodoro, forse. A dieci ·metri dalla casa, fra ire piante di fico, un pozzo scoperto, profondo sessanta metri, con una palla lasciataci cadere dai ragazzi algerini (solo N., quando si sente in foriua, ba il coraggio di scendere a prenderla, io6laudo i piedi nei gradini rica– vati dalle pareti liscissime); sempre fuori, versu occidente, sotto l'unica finestra, larga mezzo mclro quadro, un banco a due posti preso dalla scuo• la. In agosto N. ha lavorato sempre per la sua nuo,•a casa: ha imbiancato tutto l'interno, dipinto a vernice marrone lo zoccolo delle pareti, gialli il vano delJa finestra e uno sguancio di ripostiglio; ha da10 tante mani perchè tutto fosse terso e impeccabile. Il banco esterno è per imparare insieme, con la prossima seconda moglie, a leggere e scrivere; un'ora al giorno, dopo il lavoro. Alla fine di agosto, finalmente, sono arrivati i documenti e si è spo• salo; è stata una delle sere più tristi della mia vita, una delJe cene più buie del campo marocchino. Molti di noi civilisti ' erano stati Cuori, quel pomeriggio prefostivo, in una città vicina o 8U per le colline dei dintorni; era, 1 amo quindi stanchi e pieni di fame. Ma nella Maison d'En/attis la cucina è C.redda e deserta, il cuoco in permesso e neSSun segno di vitto, 11ep1>urprefabbricato. Gli algerini hanno un'aria da società segreta; c'è un po' di nen'osismo, nessuno fa partire la dinamo sebbene sia già buio, nessuno chiede ragione dell'anormalità. N. mi aveva confidato che ci sarebbe stato il pranzo di nozze, quella sera, che aveva dovuto farsi prestare diecimila franchi ( ottomila al mese di 11ipendio 1 meno 160 al giorno, cli sigarette) per alleslirlo con un minimo di decenza; che i compagni della scuola gli avevano 1>romcsso un contri– buto, non ancora eo1nparso. Ma questi, da lui, non hanno saputo ancora nulla; sicchè son io a spiegare loro, in quella triste ora, come dovreb– bero fio.ire le cose, ragionevolmente: cioè con un invito a mangiar c1ualcosa. Ma lo scetticismo e la disperazione sono fitti in mezzo a loro. Alle nove compare N. sul limitare della pis1a, dove <1uesta si. mischia al sommo della ~ollina e fa segno di venire. Scendiamo in silenzio, sulla atrada già molto buia, sino al gruppo di abitazioni vicine al pozzo; N. non parla, non spiega a nessuno la ragione clell"invito. Entriamo nel cor 4 lile del fabbro del villaggio: una casella di un locale, vasto, illuminato; contro la parete opposta alJa porta, che non varchiamo, gli anziani e i notabili; Cuori, su tappeti, in un cerchio larghis,imo, senza luce, gli in• vitati meno importanti. Anche noi ci togliamo le scar1>e ( e le calze, chi 1 Cioè appartenenti •I Servizio Civile lntemuiooalc; il contrario, sul piano psico– logico e propagandistico, è aolo in parte mili1ari,1i. (n. d. R.) 56!>

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