Volontà - anno XII - n.6 - giugno 1959
Eccezione quel re buddhista Asoka di 23 secoli or sono, che nell11ndia foce « rullare il tamburo della Leg– ge di pie1à invece di quello di guer• ra >>, Ma 1 nella storia, re, imperato• ri e guerra si fusero in un solo con– cetto, in un'unica condotta. Il ve– stito dei re e degli imperatori fu la divisa militare con le piÌI sgarj;ian– ti decorazioni, con al fianco la spa– da dall'elsa ingemmata. La guerra lu la loro costante occupazione, gli eserciti la loro costante cura (con la coscrizione obbligatoria non ebbero più bisogno dei sergenti arruolatori e dei mercenari). Un viaggiatore raccontò a ~apo• leone di un'isola cinese sprovvisio di armi, dove non era stata mai guer– ra. Napoleone reagì con la pili alta meraviglia ed incredulità: (< Come? Mai guerra? >>, Nè minore dovette essere stata la sorpresa di <1uei sol– dati inglesi che invadenao nel se– colo scorso la Birmania furono col– pii i dal fatto che i monaci buddisti, co!Ì influenti e seguiti, non avessero organizzato alcuna resistenza (come racconta H. Fielding Hall nel suo libro L'cminta di un. popolo, Lon– d,a,)898). I secoli insanguinati si succedelle• ro ai secoli insanguinati; ,•iolcnza e resistenza violenta divennero il binomio eterno del destino umano. Sino aa oggi, in cui vediamo profi. larsi l'ombra terrificante delle armi onnidistrottricr".(poichè l'uomo è un essere molto strano: lavora alla pro– pria distruzione col massimo impe– gno intellettuale accompagnato dal– la massima incoscienza). Oggi pii, che mai si dovrebbe me– ditare l'antico Confucio: ,e Le armi sono come il fuoco, se lo tocchi ti 354 bruci » (le bombe atomiche, ecc. bruciano, inlatti, tutti). Verità di banale intuizione che è vergogna dovere sempre ripetere. Viviamo in un tempo di tragica in– certezza e non sianw g,_icuriche tuu.i gli uomini siano concordi nel \IO. lere evitare il disatsro, oppure li ve• diamo proporre mezzi così di[eren– ti che la maucanzu d'accorao rende impossibile un'azione utile e prati– cabile. Ma un terreno comune ed accessi-– bile non dovrebbe mancare. C' è un'immensa volontà di pace che può costituire una base comune. La non– violenza muterebbe le vecchie for-• me nelle quali lo staio, la politica, i rapporti umani (individuali, socia-· li, nazionali, internazionali) si so– no finora esplicali, con i risultati de-• plore\•oli che oggi tulli riconoscono. Ne abbiamo viste di concatenazio– ni di guerre, di eHimeri « trattati di pace•, di rivoluzioni: tutte cose non risolutive, ma produttrici di altre guerre e rivoluzioni. Una piccola scorsa aa un qualsiasi' ma1:ii1lde di storia, uno sguardo alla situazione attuale ce ne danno Ja dimostrazio– ne più esauriente. Tentare di ricostmìre il monao - si dice sempre cosi per trovare una ragione alle guerra, alle rivoluzio– ni - con la violenza: ecco la vera « utopia >) di fronte alla « realtà » del metodo pacifico. 1 oi tendiamo ad una « rivoluzione », essa ci è im– posta dalla realtà delle cose, è l'i– s1a11zaprima del 1em1>0 nostro. :Ma che- cos'è una rivoluzione che rista– bilisce i] siste1ua della violenza, ne 1 GAsTO:-.· BOUTIIOUL hA contalo Huit mille Trailés e/e Pai:,, Parie, Juillnr<l, 1948-
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