Volontà - anno XII - n.5 - maggio 1959

che fra i due organismi non si è mai riusciti n stabilire un rapporto ben definito e che, nella carenza, l'islin– to spontaneamente autonomistico dei lavoratori ha sempre scelto l'orga– nismo a lui pili vicino, nelle perso– ne e uell'nzione. Ma una scelta di fiducia implica delle sfiducie, che, in questo caso, risulterebbero ap– puntate verso i sindacati. La tesi è poco convincente, però. li margine di autonomia riservato alle Commissioni Interne è troppo piccolo, oggi, perchè si possa ragio– nare in questi termini, neppure accet• tandoli come indizio: infatti solo i vroblemi 1ipicamcutc nzicndali sono trattati interamente dalle C.I., men– tre per tutti gli nitri l'ispirazione e la guida del sindacato risulta eviden– te a tutti. Troppo poco contenuto per un'intenzione autonomista che deve pur nutrirsi di lorze e obbiet• livi <1ualitati\'8mente superiori. Un argomento pili ragione,•ole, per spiegare questo fenomeno che altera evidentemente In vita sindn– cale del paese, è <1ucllo che si ri– Cerisce a una sorte di lealismo ope• mio. Dulia liberazione a oggi l'isti– tuto piì1 combattuto <lnlle classi pa– dronali è stato In conuuissioue inter– im. Da una parte avemmo un istitu– to che usci dalla guerra con una mol– teplicità di compiti tali da sp,ll'en– tare. I Sindacali non erano aucorn ricostruiti e tulli i problemi cadde– ro sulle spalle ancora gracili delle C.I. Ed erano problemi normativi, interni e esterni, di retribuzioni e di produzione, contratLuali etc. Si dovevano ripristinare i rapporti a– ziendali su basi ispirate a criteri de– mocratici, dopo il trentennale spa– droneggiare dei padroni; bisogna– va ridare vita ai contratti di cntego- 290 rin, creare nuovi criteri salariali e nello stesso tempo strappare con– tratti aziendali di miglior favore. relati,•ameute allo status economi– co delle azicudc; bisognava solleci– tare dai proprietnri d'aziende delle iniziative capaci di nssorbire gli. in• numerevoli disoccupati; c'erano da discutere i piani di pl'oduzione che gli organismi. aziendali proponeva– no; e correre nelle 1,refctturc n Ro– ma per sollecitare quegli aiuti indi– spensabili per sopravvivere. E i membri di C.I. correvano inla.tica– bili, pungolati ora dai sindacati ora dai proprietari, a seconda delle ne– cessità. Intanto, dietro le loro spal– le, il lavoro di riconuessione del tessuto organizzativo dei sindacati, operai e padronali, Icrveva. Quando questo giunse nl punto giusto, cominciò il lavoro inverso: bisognava ridime.nsionarc la C.I., ri– durla a propor.t:ioni tali che prati– camente losse svuotntn di <ruell'enor– me potere d'iniziativa che Iuli.i le avevano riconosciuto. Ed è qui che, forse, sorge il problema ael leali– smo. Di fallo la CJ. si trovò sotto il ruoco incrocialo e dei sindacati e dei pndroni. Naturalmente con diversi obbictlivi: per il sindacato si trat• tnva di prendere nelle sue mani il potere contrattuale che nveva dovu– to momentnneamcntc nUìdare allt– C.I. In pratica si trattò d'intervento nella vita interna della C.I., come di intervento nella scelta dei suoi componenti. Il cos10 dell'operazione fu la perdita di preziosi elementi, che di fronte n questo richiamo alla disciplina - e a quel tempo, '46, ',1,7,'48 la parola aveva un significa– to ben pesante - si ritirarono, de• lnsi e offesi. Per i padroni, sempre pronti a

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