Volontà - anno XII - n.3 - marzo1959

« Perchè, cosa do, rei fare"! Se non Ja faccio mi licenziano. E poi non sono mica solo io. Tutli <1uilo .sanno e ne !anno». Così nessuno si ribellan a quella complicità. Questo pensiero si stam– pò nel suo cervello e <1uasi gli foce,•a male. Non che lui fosse meglio di tanti altri. Ave,•a rubato il grano quando non se ne tro,·a,·a; taglialo gli alberi di [rodo, rubato la frnttn. Si era sempre arrangiato per sè, quando aveva potu10 1 per sbarcare il lunario. Ma c1ue1loche ora lo colpiva era In compliciti1 collettiva di <1uegli operni, che 1>erme1te,•uno (anzi si facevano strumento auivo) che il padrone continuasse il suo shut1t1111ento,con <1uci generi di prima necessità che solo i poveri, gli operai come lui, come loro, dovevano subire. Sapc,•a che i ricchi non avevano bisogno di quella 1u1sta. Anda,·a per le case ricche e ,,edeva. A,•enno atteso la libertà; si era com• battuto perehè ,•enisse a mcltere fine a queste cose sudicie. Adesso 110te,•ano dire basla con il padr"one. Imporgli di essere 1>iÌtonesto. Denunciandolo, forti dcll"appoggio che sarebbe "enuto dagli altri anche loro vi1time. Invece lticitamcntc si continua,•a nella complicitit. Mentre pcnsa,·a <1uestccose, le dicc,·a a ,·oce .tha. Confnsnmentc come gli \'Cnivano in mente. Alzto•a In ,•oce a mano a mano che si convinceva dclln vcriti1 di ciò che diceva. E non sì cn accorto che uno dei proprie– lari cm alle sue s1H1.lle 11scohn,•n 1 ma non avc\'a de110 niente e se ne era andato. Dn quel giorno i rapporti con Vannini erano cambiali. Era chiaro che a,•eva saputo dell'incidente e che la storia gli aveva procurato qualche noia con i padroni del pastificio. 1 on che gli a\'esse demo niente. Ma <1uel suo riserbo in cose che non riguardassero il lavoro, le sue allusioni a ba– dare ai propri affari, una certa freddezza nel trallarlo, glielo fecero ca– pire. Anche quando 8\'Cva partecipato al comitato prov, 1 isorio 1>eril nuovo contratto di lavoro della categoria elettricisti che risorge\'8 dopo la guerra aveva sentilo in Vannini la clisappronzionc. Ma poichè non riguard8\'a di– reuamcntc gli affari di lui la diffi<lenza era andata scomparendo, pian piano. Però lo aveva tolto dn quel lavoro, per soddisfare l'industriale, evi– dentemente; e adesso era sempre più difficile essere amici, come pr"ima. Divc11Hwru10,ogni giorno, sempre pili padrone e operaio. Mentre prima di– scutevano le cose per mettersi d'accordo sul modo di risolverle, adesso erano ordini che gliele facevano eseguire i,enzn discuterle. . . . . . . . E lo accompagnò in orficina proprio al centro delle macchine. Si sta\'a bene là. Pino se ne accorse dopo un poco che lavora"a: vicino c'era una slu(a che manda,'a un gran calore, carica di carbone come la mantenevano gli operai. E ave,•ano ragione perchè in quell'enorme e altissimo capan– none se non ci si fosse difesi in tal modo ci sarebbe stato da gelare. At– torno a quella stufa c'erano sempre degli operai che a turno andavano a scaldarsi, chiacchierando. « Tu sei nuovo?» gli chiese uno che Io. stava ossernndo lavorare da un poco. mentre si scaldava la schiena alla stufa. « Sì, sono qui da poco tempo» « Come ti trovi? li 180

RkJQdWJsaXNoZXIy