Volontà - anno XII - n.3 - marzo1959

vano an('ora capito cosa fosse? Loxo, gli operai, che l'avevano sofferta, che ne poxtavano ancora i segni, sapevsno cos'era, Ed erano anivali con le I,iciclette per dare unu sonora lezione ai giovinastri. Come se le davano a gambe di fronte a una piccola guerra sul serio!. Lui era in piazza quella u1attina, di passaggio. Si era unilo contento agli operai. Avevano inseguito un gruppo di studenti fino all'università, do,•e si erano rifugiati, all'ombra di quell'edificio austero che gli operai non avevano violato, paghi dell'iguo• niiniosa fuga dei dimostranti. Quando ai primi. di maggio era andato a trovare Vannini, era stato accolto come uu figlio. Si conoscevano da tanti anni. Quand'era ragazzo e faceva l'apprendista, Vannini era un operaio nella stessa ditta - già uomo fatto con moglie e figli - e godeva della fama di ottimo operaio, e lo era. Pino gli a,,cva fatto il fattorino per lungo tempo e aveva imparato da lui molte cos~. Adesso Vannini si era messo per conto proprio a far J"elettricisla e aveva una ditta molto ben avviata; gli aveva offerto subito tii lavorare per Jui: una paga buona. E lo trattava come uu amico non come un operaio. Andavano insieme a prendere il caffè; <1ualche volta la domenica alla partita di calcio. Assieme progettavano i lavori e discutevano i particolari. Lui, Pino, aveva diretto molti lavori con altri operai ai suoi ordini. C'ei·a la storia dell'orario, però. Ogni giorno alle 18 quando a,•eva finito di lavorare doveva andare ancora al laboratorio. C'erano le ore della giornata da segnare, il materiale del giorno dopo da preparare, parlare di quanto era slato rauo nella giornala e infine andare a te ciapini », cioè a fare le piccole rir.arazioni dai clienti. E questo faceva si che non era mai libero di tornare a casa, la sera. Tempo che perdeva, mai pagato com'era consuetudint: nei laboratori ar1i1iaui. Pino si rodevn per questa usanza che considerava un'ingiustizia. Ma il peggio era venuto più tardi, quando faceva quel.l'impianto in un grosso stabilimenLo di generi alimentari. Era rimas10 in <1uel posto quasi duf' mesi. Aveva fallo amicizia con gli operai; mangiava a mezzo. giorno con loro, parlava delle agitazioni e rivend.icazioni che loro avevano in c~rs(!, Un giot'no nello scantinato aveva visto uno degli operai che versava, in una tramoggia una sostanza diversa da quella usala normalmente. lncu• riosito gli aveva chiesto cosa stesse facendo, e quello strizzandogli l'occhio gli sviegò: « Faccio il mercato nero».« Come?)) Non capivu cosa volesse dire. « Non hai mai compralo, o mangiato, <ruella pas1a gialla che non cuoce mai? E' <1uesta >>. Capì, allora. Una porcheria che aveva mangiato tante volte. La Gianna brontolava ogni volta che do\'eva cuocerla. E aveva un sapore cattivo, come di acido. Sembrava che ci fosse fr1 mezzo clella sabbia; dei granelli cluri che capitavano tra i denti. Gli prese la rabbia. « E tu la f!'i? >>. 179

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