Volontà - anno XII - n.1 - gennaio 1959

tà ed armonia tulle le parli del ((biocosmo ». L'anima è pertanto principio di \'Ìta atto a raccogliere i costituenti di un corpo in uuità vivente: sia esso corpo organico o inorganico. L'anima del mondo è infatti pari al– l'anima dell'uomo: essa è sostanza eterna che articola il cosmo in un tutt'uno, a guisa di grande organi– smo vivente. Così concepita, l'Anima è di du– plice aspetto: uno « biologico » ed uno <( universale >• o « cosmico >>. Entrambe le Anime a loro volta sa– rebbero propaggini dell'unica im– mensa Anima diviua cui un giorno dovranno ritornare. Comunque, <1ualuque genealogia essa abbia, per il credente l'Anima esiste: fatto incoutestabile, perchè la ~ua « personalità » è dimostrazione tangibile ed obiettiva. Di che natura è l'Anima? E' essa (< essenza » immanente del– l'essere, o trascendente? Per il cre– dente l'Anima è « cosa a sè ►>: egli la sente immanente, cioè dentro di sè, ma la ritiene trascendente, cioè di origine sonumana- Senza dubbio l'anima è trascendente: tanto tra– scendente che, per quanto sforzi fac– cia, la Ragione umana giammai riu– scirà ad afferrarla. Tuttavia per il credente la sua concezione è chiara: inviata in funzione di « missione » celeste, l'Anima religiosa può essere paragonata a un turista; giunta sul– la terra quale temporanea ospite, essa prende ostello nell'organismo umano che ossequiosamente la trat– tiene onde riceverne governo e vi– ta. Finite le sue ferie turistiche, la Anima abbandona il corpo. Principio a sè, riprende la strada dalla c1uale è giunta e in un baleno vola verso 1' empireo divino, onde adagiarsi definitivamente in un sof– fice sedile celestiale accanto al padre supremo, Dio! Nel frattempo il cor• po che ha perduto l'Anima si strug– ge dal dispiacere, si deteriora, si de– compone, muore. Immeritata fine di una povera, sincera locanda, ma presumibile comune destino per chi nella vita si lascia ingenuamente sfruttare ... Da ciò il detto: « Apri gli occhi, conosci te stesso! ». L'esistenza di Dio non è ciò che più importa all'uomo: ciò che più gl'importa è l'immortalità dell'Ani• ma! Dio stesso lo si invoca e richie– de specialmente per poter sperare di non morire. Vidca <'he non vedremo più le persone amate, che noi stessi non saremo più; il pensiero che un giorno non rivedremo più il sole, nè i fiori nè il mare; che non gustere• mo più le gioie del vivere, le emo– zit.mi del piacere; che gli altri ci dimenticheranno, mentre l'Umanità continueri1 a esultare e compiacersi del <( bioessere », è una costante ri– flessione dell'uomo che lo tormen• ta non poco. Perdurare e mai estinguere la pro• pria personalità è il desiderio prin– cipe dell'uomo: nessuno vorrebbe « morire ». Ed allora, quale migliore panacea, poteva creare l'uomo, di quella au– tofissazionc animica onde sedare i flutti del suo egoistico « io » in furia alla tempesta spirituale? Rimedio benefico è senza dubbio per l'uomo la creazione dell'Anima: tuttavia esso è balsamo effimero e non per– manc1ite, riscontrandosi il farmaco radicale nella Ragione, nell'assoluta conoscenza del <( Sè ». 45

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