Volontà - anno XI - n.11 - novembre 1958

di Bakunin, questo però non gli im– pediva di giustificare con una logica inflessibile, la reazione necessaria contro ciò che vi è di nocivo o d'anti– sociale nel comportamento di cer– tuni. « lnfiue - si potrebbe obiettare - ecco due uomini: uno è onesto, intelligente, giusto, buono, scrupo– loso, rispettoso di tutti i doveri u– mani e dei diritti i l'altro è ladro, bugiardo, cinico, viola continua– mente tutto ciò che è sacro agli uo– mini. E nella vita politica uno è re– pubblicano e l'altro un Napoleone III, un MouraviefT o un Bismarck. Direte che non vi è nessuna differen– za tra costoro? ».«No, non lo direi, ma qt1esta differenza io la stabilisco già nei. rapporti quotidiani con il monào animale. Ci sono delle bestie terribilmente disgustose, nocive cd altre utili e nobili. Ho dcli' anti– patia cd un disgusto grande per le prime e moha simpatia per le se– conde. E tuttavia so che non è colpa del rospo se è rospo, d'un seq,ente velenoso di essere velenoso, e che non è merito del cavallo se è di for– me belle, nè del cane di essere intel– ligente e fed"ele. Ciò non m'impedi– sce di schiacciare il rettile, di allon– tanarmi dal rospo, nè d'amare e di stimare il cavai lo ed il cane_». Questo diritto di reagire contro ciò che ci porta qualclrn spiacevole sensazione è un fatto uaturalc e indi– spensabile; senza di esso noi do– vremmo sopportare, spiegandondole cd ammettendole, tutte le ingiusti– zie. E' giusto, non soltanto nei ri– guardi dell'individuo, ma anche ver– so il gruppo d'individui. Nello stesso modo in cui l'ambien– te d'ove vive l'individuo ha il diritto d'esigere da lui il rispetto dei diritti di lulli e il compimento dei suoi doveri, cosi I' insieme sociale ha il diritto di esigere dal gruppo il ri– spetto <le suoi diritti che porta al risperto dei diritti della socie1:1ed al compimento dei doveri colleuivi. Conosco due generi di atteggia– menli delle collettività che vivono in un modo autonomo: quello in cui gli individui hanno compiuto i loro do- , veri e quello dove gli individui non li compiono. Quasi tutte le C<1lonie anarchiche non hanno dato buoni ri. sulta1i, non solo 1>erchè mancavano all'inizio di risorse, di ca1>ac.ità tec– niche ed erauo isolate in seno al mondo capitalista c<l" autoritario, ma principalmente (credo) pcrchè i lo– ro membri erano impregnati cli spi– rito indivicltrn1ista, e mettevano i lo– ro diritti dinanzi ai loro doveri. C'è qualche eccezione, come quella della commtità di Boismoncleau che esi– ste oggi in Francia che funi.iona, sia socialmente che amministrativa– mente, in tm modo quasi liher1a– rio: i loro delegati sono revocabili e non ,•i sono dei governanti. Ma so– no, lo ripetiamo, dei casi rari. Lo si è visto anche nelle imprese isolale d'urante la rivoluzione spagnola. Bo già scritto in altre par1i che 1'85 per cento delle olficine, delle fabbriche e delle organizzazioni commerciali « collettivizzate )> che vivevano cia– scuna per proprio conto erano defi– citarie mentre la stessa industria che aderiva all'organizzazione sindacale libertaria funzionava in modo per– fetto. Secondo me, a parte le cause secondarie e spesso discutibili, la ra– gione principale era l'influenza mo– rale esercitata dai lavoratori più e– voluti e più coscienti. Un dato tipo di industria chimica, tessile, metal– lurgica, ecc. è costituita da mi– gliaia di altre intpresc, piccole 613

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