Volontà - anno XI - n.8-9 - agosto-settembre 1958
crescente movimento di raggi, si conferma a priori un regime di pro– tezione della risorgente coltura a– gricola che già limitava, con una specie di compromesso, i diritti dei pastori. il ritorno ad una economia agro– pastorale in normale svolgimento sarebbe forse stata possibile in que– sto periodo di risveglio, <1uando il pastore ed il contadino, smussati gli angoli delle loro differenze so• ciali nel periodo post-romanico, si trovano trequentementc identificati in una stessa persona, ma già pri– ma del 15.mo secolo si erano rapi– damente create delle differenze so• ciali (in continuo accrescimento) nel senso che spesso il proprietario del gregge arrivava, attraverso le tumultuose vicende belliche, ad au– mentare il numero dei capi e ricor– reva all' aiuto di un servo pastore che, autonomo nel suo lavoro e scn– za neppure il legame di un orto o dcli' apprezzamento annuale delle terre collettive, senza cioè un mini– mo di attaccamento al lavoro dei campi, magari completamente, ri– cadeva con il suo esclusivo nomadi– smo pascolativo verso un comporta– mento di pii1 in pii1 ostile verso tut– to ciò che rappresentava una fissa economia ed un non-pascolo. A parti.re dal 16.mo secolo la 1 ransumanza, questa classica transi– zione tra pastorizia cd agricoltura, diviene sem1>rc pil, considerevole e, con gli spagnoli, subisce una, dicia– mo così, razionalizzazione resa pila necessaria dall' aumento, nell'inter– no, delle fasce coltivate e dei greggi, divenuti perciò maggiormente vul– nerabili alle variazioni climatiche stagionali ed ai capricci metereolo– gici, nei loro pascoli spontanei. Il contatto iberico è causa anche di incroci fra le pecore sarde e quel– le delle varietà spagnole e berbere, incroci che influenzarono sfavore– volmente la statura degli ovini del– l'isola. Nei primi anni del secolo 17.mo il numero delle pecore sarebbe sta– to di 1.100.000. Verso il 1770, se• condo il Gemelli che parla di un censimento periodico del capitale zootecnico sulla base delle dichiara– zioni dei proprietari (In « conse– gna »), la situazione del bestiame sardo appariva come segue: bovini domestici 118.933 (di cui 97.753 buoi da lavoro) bo\'ini bradi 226.000 cavalli 66.334 porci 152.471 capre 420.800 pcçore 911.750 Nei cinquanta anni successivi si denota una Iorte diminuzione gene– rale del bestiame, dovuta princi– palmente alle guerre napoleoniche durante le quali - e per ben 25 an– ni - le flotte inglesi si approvvigio– narono di carni fresche in Sardegna. L'importanza dei greggi ovini resta comunque grande, grazie sopratutto ai nutriti allevamenti dell' interno dell'isola, al sicuro da ogni incur– sione. Scrive in proposito il Mimaut (torne Il, pag. 56): « Gli abitanti delle Barbagie sono ancora. quelli di tutti i sardi che si applicano di più e che si intendono meglio all'alle– vamento dei greggi. Essi hanno il vantaggio di esserne quasi sempre 451
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