Volontà - anno XI - n.4 - aprile 1958
p latone nffidava la difesa della sua Uepubblica a guerrieri e– spressamente allenati alla carnefici– na, come « cani da caccia ». 1\1a - importa notarlo __,si trattava unica– mente di guerra diiensiva, visto che ogni ingrandimento territoriale a– vrebbe segnato la rovina della Città ideale. Importa anche notare che la casta degli armati è ancora più rigo– rosamente lontana dalla saggezza - fine esseuziale della Città platonica - che non il popolo degli artigiani, ,·onfinato anch'esso in (unzioni su. bnlterne, ma non senza che si sian scelti nella sua progenie gl'individui susceuibili di essere avviati, attra– verso un'educazione appropriata, ai gradi su1>eriori. Si 1>uòinoltre intra– vedere che, nello Stato concepito da Platone, la socievolezza e i costumi elci popolo saranno umanizzati, men– tre per i guerrieri è prescritta una clisumanitù rigorosa. li problema che Platone cerca di risolvere è come si possa concepire una società capace di attingere a un grado supremo di civihà e, al tempo stesso, di di fondersi contro un ambiente barbaro. Il filosofo, imma– gina quindi la sua Città: l) corfle un'isola nell'oceano di una umanità imperfetta, con la quale essa non a– vrà che dei contalli occasionali; 2) co1.neun luogo dove si sarà una volta per tulle regolato il male inevitabile relegando una parte della popola– ;,;ione nell'esercizio della violenza, mentre i lavoratori eia una parie, i filosofi clnll'altra, ,,otranno godere i bencfil'i cli un'esistenza pacifica e di costumi gentili. Una tal situazione, e tuia tal divi– sione, non hanno nulla di utopico: rapprescntnuo, in sostanza, queTia che è staia la condizione di un buon numero di società civilizzate quando la lolla fra le classi non vi s'inaspri. va fino a prendervi forme violenie. E <1uesto è appunto il pericolo che Platone pensa di aver eliminato dal– la sua Repubblica. Durante il diciottesimo secolo, e buona parte del diciannovesimo, malgrado la coscrizione universale decretata dalla Rivoluzione francese, la violenza non si esercitava che in momenti eccezionali o in zone limi– tate: era in genere l'affare di profes– sionisti, e si credeva da molti che le sue forze tendessero ad attenuarsi e ad umanizzarsi. E' solo dopo il 1914 che si è entrali nell'era della violen– za totale, indiscriminata e senza tre– gua. Sappiamo bene quel che son diventati la civiilà, i costumi e la po– litcsse sotto un tale regime. Che si creda o no iu una <1ualsiasi religione, sia pure la (< religione del progres. so )1 o del r,il1 vago umanismo, il di– lemma formulato da Dwight Macdo– nald in Politics s'impone a tutti: o ci liberiamo (noi e tutto il patrimo– nio della nostra cultura, con le idee di civiltà, giustizia, (e)icitll che dan– no un senso alla nostra vita) dell'ap– parato cli coercizione violenta che sembra aver fa.Ilo tornare l'esisten– za sociale a quello stato di paura cn. demica che, secondo Hobbcs, prece– de In formazione dcl1a socielà orga• nizzala, op1mre ne saremo slritolati. E' J)Ossibilc vincere la violt•nza con In violenza? La questione, in realtà, ne nasconde due mollo diver– se. La prima è d'ordine empirièo: quale probabilitl1 c'è che un'organiz– zazione di refrattari, uomini liberi e 11iC'11nmcntecoscienti dello scopo eia rag:E?:iungere,disponga delle armi, dell'equipaggiamento, delle capacità 175
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