Volontà - anno X - n.11 - 30 settembre 1957

pensare e riunirsi, che su masse sfinite dalla stanchezza di lunghe giornate di lavoro nelle fabbriche o nei campi. Ma il progresso scientifico non s'ar– resta e il problema si presenta con caratteri sempre pili urgenti. Alla luce di quest'urgenza 1,1ssumc aspetti nuovi il confronto fra l'uomo-massa e l'uo. mo-p<'rsorrn. . Quando Clrnplin dirige\·a (< Tempi moderni )) 1 <p1ando Duhamel inLi– tolava il suo libro sull'America del Nord (< Scene della vita fULura » o 'l'ollcr scrivcv:i: il suo dramma sulle macchine, il fattore 1>rincipale della distru– zio11edella personalità era, o sembrava, il macchinismo. Oggi ci avviamo a veder trasformarsi la macchina in un possibile strumento di liberazione, mentre i! pericolo dcll'uniformitll ci minaccia, non u11raverso il lavoro ma attraverso le nostre ore di riposo e divertimenti. Non si traila pili del lavoro a catena, del sisterda Tailor o dello staka– no,,ismo: in questo momen10 ci spaventano di piìi -- nello stesso senso - i fumetti, la radio, il cinematrografo, la tele\'isioue, la pubblicità sottile o tonante, la propaganda politica ridotta poche sillabe ripetute in coro, le ri,•iste del Lipo del « Reader's Digest )) (che ci riportano a un cimitero me– dioevale - antologico ed enciclopeaico - della cultura), senza parlare dei paradisi artificiali, sempre piìi a portata di mano, e del pro(essionalismo sportivo, che sostituisce al gioco dei rnuscoli d'ogni individuo l'entusiasmo inerte di milioni di spettatori pigiati negli stadi o seduti al buio davanti ad uno schermo luminoso. È possibile che la diminuzione dello sforzo fisito, d1e è una conseguen- 7..a benefica del progresso meccanico, nasconda la minaccia d'aumentare per contagio la pigrizia spirituale; ogni progresso implica pericoli contro i <1uali la volonti, dell'uomo deve mantenersi in co~lante tensione difonsiva. Se cessiamo di remare, la corrente ci trasporta. L'nuica cosa che possian11J fare è promettere a noi stessi di non lasciar di remare. Però questa narcotfazazione della volonlì1 atlr3ven,o una cultura orien– tata in un solo senso e semplHicata fino al tlogmati!<n10 non è solo e non è tanto una conseguenza meccanica della meccanizzazione del lavoro. Essa è sopratulto un'altra conseguenza della gran paura, paura dell'uomo, paura della libertà, paura della pace, paura dell'autoco.;cieuza dell'umanità. I.a diminuzione delle ore di lavoro. dalle risaie cinesi alJe miniere boli\•iane, dai mat1a1oi di Chicago alle officine 1edcsche o russe il.prirà prima o poi nn \'UOIO che l'uomQ (vale li <lire milioni e milioni di uomini) può colm9:rc con la sua infinita e imprevedibile Jecondi1à spiritn!lle. t questa ]a grande incognita - meravigliosa e paurosa a un tempo - d'un avvenire non piìr molto lontnno. I vecchi e nuovi gruppi privilegiati, che hanno il mondo in pugno e non vogliono lnsciarlq,, cercano disperatamente, disordinatamente, di riempire quel vuoto prima che arrivi a formarsi, di stordi1·e cd ipnotiz..:are le menLi vergini, È la \'CC"chia lattica dei colonizzalori che venclevano alcool ed oppio ai primitivi. La stessa paura porta alla miliiarizzazione della vi1a corrente nei pae:;i totalitari, in ('ui lo sforzo per rendere omogenei i cervelli alla base della 629

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