Volontà - anno X - n.7 - 1 aprile 1957
lontanati dalJa « classe », dai lavoratori o dal proletariato che preteud'ono di rappresentare, e sono diventati incapaci di capire i problemi le csi• gcnze i bisogni le aspirazioni della gente comune. Come vi è frattura tra Stato e Società, cioè tra gli apparati con cui la Società funziona ed il popolo, così vi è frattura tra Partito (e lo stesso si può dire del Sindacato della Chiesa o di ogni altra Organizzazione politica) ed i suoi aderenti. Mi ha fatto piacere leggere (Espresso, 3 marzo) che Adriano Olivetti propone la soppressione dei partiti (ed anche dei regimi parlamentari nelle vecchie forme). Finalmente non siamo soltanto noi anarchici a vederne non solo In inutilità ma anche la nocività. Non si capisce perchè tutti i problemi sociali tecnici economici deb– bano essere visti e risolti in funzione della politica. Il pro(. Salvemini (cito uu uomo che gode la stima e l'affetto di tutti i galantuomini che vi sono in Italia) indicava Ja strada giusta quando cercava di promuovere la costituzione di jJiccoli gruppi i quali, indipendentemente dal loro diverso colore politico, concordassero su certi problemi. Egli diceva giustamente: « L'indi,•i<luo capace di iniziativa è j} principio e la Jìne di quanto avviene. Chi aspetta per agire ordini dall'alto e non da se stesso, non agirà mai e se agirà conclmlcrà poco o niente». (Sono queste idee anarchiche e Salve• mini quando le esprime sente il bisogno di avvertire che non è anarchico: ma per noi l'etichetta non ha nessuna importanza, ciò che importa è il pen– siel'o, l'atteggiamento, l'nionc di una persona). Ma Salvemini non è un politico; è rimasto si può dire tutta la sua vita un fuori-partito, non ha mai avuto l'ambizione di arrivare al governo cd ha anche perduto quel soldino di speranza che egli riponeva nella scheda perchè gli pareva (allorn) che essa permettesse di poter scegliere al « mas– simo del peggio » H « pii1 peggio ». Altro argomento. Come le pare possibile rcaliz:.ltre l'unità di classe 11el• l'u11ità sindacale? (mi sono servita, come vede, di un concetto suo). Esiste, in Italia, una «classe», nn «sindacato))? A me pare che vi siano dei politici di professione che pt,rlano spesso di classe per poter con– servare il ruolo che essi stessi si sono dati (di guicla di quella ipotetica classe) ed esistono degli apparati sindacali che si 1nuo,•ono secondo la vo– lontà <lei funzionari che li maneggiano. Ma questi politici e questi appa– rati niente hanno a che vedere con i problemi del lavoro. In Italia non c'è un movimento di lavoratori veramente efficiente, capace di azioni auto. nome d'entro la fabbrica, con quello spirito cli resistenza e di combattivi1i, che animava le minoranze delle prime Leghe. Il sindacato è w.1 1 appeudicc di partito: è inquinato quindi clalla poli– tica, ha tutti i cliietti cd i veleni del partito. IJ fatto che su venti milioni cli lavoratori solo un quarto aderisca alle organizzazioni sindacali (ed an– -che questo vi si trovi in una condizione di inçrzia o di sudditanza rispetto ai hmzionari), dice, meglio di tau1i discorsi, l'indifferenza, l'inerzia e lo scet. ticismo che regnano anche tra i lavoratori. Prima di parlare dell'unità sin• 358
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