Volontà - anno X - n.7 - 1 aprile 1957

ti i passaporti, lasciarnuo le vali• gie e 1111 conto da pagare all'albergo e, muniti di nuovi passaporti [alsi, si imbar<·arono 1,cr Marsiglia, e di l:1 si re<'arono a Londra. Pisacane vedeva la situaz;ione con occhi ottimisti: <<. 1 on sc,no un asino, non sono un vile, ed ho forLissimo il corpo >1. Fu, invece, una disastrosa miseria. E nel sordido « slum )) di Black(riars Bridge li raggiunse la persecuzione borbonic.1. Il governo inglese li invitò a ripllssare la Mani– ca, proprio quando <·ominciavano a Care uLili conoscenze nell' ambiente dei rifugiati italiani: ad es. quella del poeta Gabriele Rossetti, esul~ a Londra dal '24, persona influente nell'ambiente univcrsit11rio e mon– dano. Verso la me1;1di aprile i due <'O– lombi giunsero a Parigi. Enrichettti era incinta e in preda a freqne11ti <'risi nervose. Pisat·ane, nonostante ricerche affannose, non trovò lavoro. E la pcrsc<-uzionc dCI governo napo– le1ano li raggiunse in nu albergh~l– to di terz'ordine. Furono messi in prigione: per cuntravven,:ione al re– golamento sui passaporti. tPisa1;ane, dal carcere, si rivolse al dnca di Ser– ra-C:npriola, ambasciatore napoleta– no a Parigi, per supplicare il cli lui intervento a favore di Enrichetta. Il cluc.-a;;però convertire « la peccatri– rc )> e le mandò due « signore pieto– se )), che tornarono dal carcere - tosi informava il duca stesso al suo ministro degli Esteri - dopo due o– re di persuasione e combattimento, penetrate di orrore, avendo trovato nella Signora LaM.ari una riunione delle piì1 esaltate e cicche passioni, con una sfrontatezza e la pi!J orrida immoralitìt, e l'ateismo il piì1 posi– tivo. Si dovette abbandonare qualsis- si idea di peutimculo e rav\'edi- 111c1110 ... Il, Uscili in liber1i1, Pisacane si pre– sentò ali' ambasciatore napolitano J}Crchiedergli rilasciasse loro passa. porti per la Svi,:zera o per l'Ame– rica. << Io gli risposi - precisa il duca - t'he mi meravigliava elci suo ar• dire, 1.nentre egli doveva ben sape1e che avanti a mc egli non era che un disertore; <·he, se le leggi francesi non mi davano i I potere di (arlo ri– tornare nel suo paese per ~uhire la pena meritata, le leggi d'onore per militari in que~to $lesso pnesc por– tavano il dispreno s01>rachi abban– donava la sua Bandiera. Che però se egli era pentilo del doppio suo de– li110,avendo portata la disgrazia e la vergogna di 1111.1 onesta [amiglin, e si separava dalla Signora Lazzari, io nel 1>render questa sotto la mia pro– tezione, avrei implorato a di lui (a. vore I" indulgenza delle leggi e la Clemenza Sovrana. I I sig. Pisacane sembrò non c·apisse le mie parole e mi disse t·he egli e la signora 11veva– no agito con tutta riflessione. Nou mi restò 1·he forlo uscire dalla mill presenza ►1. Liberati dai fostidi di natura giu– diziaria, i due amanti si trovarouo ~ncora sotto il peso schiacciante del– la miseria. Pisacane cominciò a fre– quentare la 1·asa del generale Pepe, ◄·he era tra i maggiorenti della c:o– lonin italiana a Parigi, dove capita– navano pcr!!onalità [rancesi (Lamen– nais, Arago, Beranger, Sand, Con– !!lant, Lamartine, ecc.) e italiane. Tra gli emigrati i1aliani molti in– <·linavano giù a idee av,m,:ate e pro– babilmente il Pisacane conobbe C. A. Ve.echi, collaboratore della 11 De– moérntic Pacifìque>>elci Consideran1. C. 8ERNEIU 385

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