Volontà - anno X - n.7 - 1 aprile 1957

re, non lo sappinmo. Certaruente non potè non colpirlo In parabola della popolarità di Ferdinando Il nella classe colta uapoletaua. Nel 1830 Francesco I, morendo, a. veva lasciato al figlio tm regno asso– lutista e reazionario, con una finanza relativamente solida e con una popo• !azione tranquilla. l\{a Fcrdimmdo II era salito al trono proprio quattro ·mesi dopo la rivoluzione parigina cli luglio, che aveva destato agitazione e sperarne iu tutta Europa. Tullo lo equilibrio del regime borbonico pog– giava sugli strati più poveri della po. polazione, nemici di novità politiche e non d'altro sognanti che. il possesso della terra. La borghesia (pro!cssio– n.isti e nuovi ceti possidenti e intra– prendenti) era malcontenta dell'am– ministrazione disonesta, della censu. ra meschina, della tutela di Vienna, dell'indi[erenza del regime borboni– co per le loro inizia1ive. La nobiltà, divisa cd infingarda, non aveva esi– stenza come classe politica. La lmro– crazia, come sempre ed o,,unquc, era attaccata alla greppia. M:\ l'artigin– nato urbano era foquieto e i fuoru– sciti politi.ci complottavano. Ferdinando II si mise al lavoro: migliorò il bilancio, concesse un'am• nistia politica, licenziò alti fonzio– nari, ritoccò il sistema tributario, temperò la severità della censura, ili. chinrò voler dare sviluppo al com– mercio e all'industria, fu cordiale con Luigi J;'ilippo di Francia, trnltò l'Austria di potenza amica ma non tutrice, aumentò le spese militari. L'entusiasmo, tra i progressisti, fu grande. Si vide nel re un liberale, che avrebbe concessa la Costituzio• ue, che si sarebbe messo alla testa della guerra d'Italia. I liberali ten- tarono approcci con il << novello Ti. to », col « re riformatore )), Metter– nich si allarmò; Carlo Alberto s'in- gelosì. _ Ma dopo tre anni, gli entusiasmi erano sfumati. Le riforme anmmcia– te erano state messe in soffitta, quel. le sperate si rivelavano impossibili. Ferdinando apparivn un re assoluti– sta, e i liberali presero a vituperar• lo in tutta Europa. Pisacane aveva riconosciuto al re una benemercuza: quella di avere uotevlomente rafforzato l'esercito. Uscito dalla <<Nunziatella» nel 1839, i sci mesi passati, come soldato sem• plice, in un reggimento di fanteria, gli permisero di constatare che l'e• scrcito napoletano mancava di spiri• to militare; che la disciplina vi era nrnssacrante; che il bigot1ismo vi era obbligatorio; che l'esercito era chia– mato troppo spesso a ~primere di– sordini popolari; che gli ufficiali a– vevano sti1>endi di fame; che gli a– vanzamenti erano per anzianità e ra– ramente per merilo. Questi me9i di servizio militare furono un'esperien– za molto formativa specialmente per. chè il nobile e l'ex-paggio di corte prendeva contatto airetto con il po- polo. _ Pisacane si presentavn allora come uu giovane robusto, rolto alle fati– che, curioso del mondo e vivacis~i– mo. Era attraente. [)i « una bionda e delicata bellezza >> lo ,lice il poeta Vell'Ongaro, che- noia ((l'eleganza a. ristocratica» dei suoi modi. Gli oc• chi, azzurri, erano dolcissimi, dice la Withe Mario, e « uu non so che di mesto e di rassegnato » errava sulla « spaziosa fronte ». E Mazzini Io de– scriveva così: « La fronte e gli occhi, parlavnno a prima giunta per lui; la 381

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