Volontà - anno X - n.7 - 1 aprile 1957
mn dipende dnl sistemn al cui vertice quell'uomo operava - e che, d'altra– parte, Stalin è In logica conclusione del processo iniziato con Lenin. ll male è nel sistema, che postula l'incapacità delle persone singole alla autoelevazione, che affida a ristrette élites di politici il compito di portarle n ben capire le strade verso In loro felici1à, ponendo come condizione l'ub– bidienza di tutti a quei pochi autodefiniti illuminati. In questo è tulla la politica, arte e tecnica del predominio di pochi sui molti. E la politica (man:isla o no poco importa: marxismo, come cristia– nesimo, è ormai un'etichetta così vaga che può coprire qualsiasi merce) ha come suo stnunento principale la provocata adesione-delle-masse. alle quali si dà l'illusione del convincimento-della-bontà-del-sistema giovandosi dei meccanismi asservitorà della propaganda e dei miti. Quando anche noi ci lasciamo trascinare a pensare o parlnre della co– struzione di un mondo-nuovo di uomini liberi, dimentichiamo (noi per pri– mi, s'intende) di chiederci il quesito angoscioso posto in chiaro dalle espe• ricnze della storia sociale recente: clii costruirà? Se si ipotizza, ud es., una società operta costituita da un insieme di Consigli diversi cd autonomi e spontanei, legati tra loro da accordi molteplici e mutevoli, allora si com– prende che la costruzione del mondo nuovo cui aneliamo sarebbe in atto: ma ad una tale condizione non si arriverà mai per le ,,je dei partiti, le vie della politica. Se invece si pensa al fattibile per le vie dei partiti e della politica si ritrovano le (< masse» che accettano di muoversi secondo le decisioni dei « capi »: ed allorn rinasce sempre la meuzogoa profond'a del leninismo, la presentazione del proprio partito come partito-guida, il che in pratica si– gnifica dare il potere di decidere-per-tutti nelle mani della piccola élite che comanda nel partito, cd infine nelle mani dell'uomo che comanda entro l'élite. I pensosi di Inie stato di fotto hanno credulo finora che la molteplicità dei partiti, la concorrenza con cui essi si limitano a vicenda, sia l'unico ri. medio possibile. Ma una tale speranza, se può magari sembrare realistica in altri paesi (come l'Inghilterra o gli Stati scandinavi), è del tutto illu– soria in un paese come l'ltnlii, di oggi. C'è tra noi troppi affanrnti, troppi ignoranti, troppi servi -figli di sen•i, Cncili strumenti per i cercatori di voti e di potere, nè può dirsi che i Pnrtiti esprimano davvero particolari visioni collettive sul modo migliort• di amministrare la vita sociale. son piuttosto il braccio di gruppi parLicolnri che cercono per sè (o in forma di denaro o in forma di incarichi o in forma di famn) un particolare potere. In conclusione, (a ben<' sentirsi d'accordo con Caleffi nelle idee pro– fonde, nonostante il disaccordo delle idee di superficie. E trovare espre&H da persone come lui, sia pure in modi cliversi dai uostl"i, la fiducia nell'o– perare dei piccoli gruppi-di-stimolo. Sono (e siamo), assai piìa importanti per l'avvenire di quanto sembri indicare la pochezza delle loro (e nostre) dimensioni materiali. 366
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