Volontà - anno X - n.6 - 1 febbraio 1957

tello per non vedere e ridotte a bal– bettare mis:erabili &piegazioni, rac– colte tra gli scampoli del peggiore stalinismo e contro cui cresce ogni giorno l'evidenza dei fatti, è la pro– \'a piit schiacciante che la crisi in• veste omiai il sistema, i metodi, gli uomini. Esse possono irridere o ma– ledire Ja disperata riscossa di un pro– letariato che cerca liberti1 e condi– zioni umane di vita facendo ciò che solo la povera gente, gli oppressi, gli sfruttati che hanno fame e sete di giustizia, è capace di fare, preu– dersi sulle proprie spalle il peso del– le persecuzioni, il rischio della mor– te, la sicurezza della Carne per libe– rare se stessa e gli altri; ma il loro giudizio serve soltanto a giudicare loro; si rivela incapace di spiegare i fatti, di dare voce alle cose, non tocca un paese e un popolo che ha dimostrato al mondo come muoiono gli uomini. Togliatti può, è la sua vocazione e l'ha sempre Catto, cer– care false spiegazioui a posteriori degli avvenirueuti, e scrivere che la «: reazione fascistn "• potè appro6t– tare del fatto che in quel paese finì per « avere il sopravvento l'imita– zione servile del modello sovietico nella soluziouc dei problemi legati alla costruzione socialista e alla di– Ie.':la del nuovo potere », che « nei paesi di nuova demcicrazia non e~i– steva una avanguardia operaia che fosse paragonabile, per la compat– tezza, la forza morale, la capacità di lavoro e l 'ampiez.za nei (..'Ollega– menti delle masse, con il partito dei bolscevichi russi », ccc. ecc. Ma cu– me non chiedergli perchè nasconde la ragione vera, elementare e 11em– plice della tragedia, e cioè che in questo paese il governo comunista era non al servizio del proletariato, espressione libera, democratica ed autonoma del popolo, ma al i,ervi– zio di altri, protetto e sostenuto da altri, che « I' imitazione servile», come con macabra ironia egli la chiama, <lei modello sovietico non era certo stata cercata dall'Unghe– ria, mn imposta dal dì fuori, che i pochi che avev.:mo tentato una poli– tica di maggior indipendenza nazio– nale erano finiti per volontà di i\-fo– sca sulla forca, che egli aveva appro– vato la loro condanna, anzi con la condanna di Tito se n'era assunto una diretta rcspousabilità, che gli inviali speciali dei suoi giornali non avevano esitato per anni a mentire sulle reali condizioni di quel paese, su che cosa erano stati i processi, su come funzionava la giustizia, sugli arbitri della polizia, sul livello di vit1:1: e sui reali sentimenti delle mas– se? Che cosa aveva egli fatto per correggere quegli errori o almeno per denunciorli? Pcrchè aveva egli stesso mentito (vedi l'intervista sul– l'Unità, di ritorno da Budapest: « Il regime della democrazia è sempre più solido per I' adesione sincera delle grandi masse popolari. t il re– gime del popolo che governa e am– ministra in nome di se stesso e nel proprio interesse. 1!: naturale che il popolo difenda questo suo regime e faccia tutto il necessario per ren– derlo sempre pili solido, anche se ciò fn dispiacere ai De Gasperi, ai Gedda, ai Saragat e ai lacchè del ca• pitalismo e delrimperinli.smo »)? E in quanto alla « capacitlt. di lavoro ,. de!Pavanguardia operaia unghere&e chi e che cosa, quali azioni compiu– te, quale condotta di vita, quali sa– crifici affrontati, quali lotte vinte, 295

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