Volontà - anno X - n.6 - 1 febbraio 1957

e potrebbero facilmente raggiunge– re i loro scopi. Ma non è così» (Go– mulka), sente il bisogno di scrivere un altro articolo per spiegare che si era sbagliato e che aveva calun– niato gli operai di Po:,.nam? No, ri– prende la penna per rovesciare gli stessi insulti sul proletariato di Bu– dapest. Che cosa importa se le af– fermazioni di oggi domani si rivcJa– no grottesche menzogne, che vanno contro i fatti, contro Je teorie, con– tro i principi, contro se stessi? Pur– chè non contro l'Unione Sovietica e il suo governo. Perchè se uno dei due pilastri della vecchia mitologia è caduto, l'altro è ben in piedi. Le parole che non volsero a salvare la vita di Slansky: (( l' atteggiamento verso l'Unione Sovietica è la pietra di pa.ragone per ogni comunista ,,, sono la sola bandiera che non sia stata ammainata. Nè ha valore che l'attuale politica sovietica sia incer– ta, <--ontraddittoria, frutto di cotnpro– messi tra gruppi dirigenti, dai <1uali le masse sono del tutto estranee e di cui nulla ad esse arriva se non dopo i fatti, espressione dello spirito di conservazione di uno stato maggio– re burocratico che non può a nes– sun titolo identificarsi con la volon– tà reale delle classi popolari nè con l'es1lressione del loro reale potere. La f.aciltù con cui il comunismo ita– liano è passato dall'epoca del culto della personalità (che i galantuomi• ni chiamano con un altro nome) a quello della direzione collegiale, credendo di aver risolto con una for. mnla provvisoria ed equivoca la que- . stione fondamentale del socialismo, che è la questione. del potere, dimo– stra come questi problemi siano lo– ro del tntto estranei. ,Non è del resto 298 la prima volta che gli in;eressi con– servatori delle cerchie dirigenti so– vietiche, hanno trasportato al di Iuori, facendone pagare il conto con altrettante disfatte al proletariato degli altri paesi utilizzato come mas– sa di manovra, la loro Jotta per il po1ere. Dalla sconfitta dell'insurre– :.donc bulgara alla ritirata degli ope• rai tedeschi nel 1923, dal fallimento <lell'insnrrezione di Estonia nel 19241 alla liquidazione dello sciopero in Inghilterra, dal comportamento dei comunisti polacchi nel 1926 allo schiacciartlento della rivoluzione ci– nese nel 1927, ai disastri di Gem1a– nia e d'Austria, si potrebbe (e<l è stato fotto) percorrere gradino per gradino la storia di come lo stalini– smo andò crescendo e rafforzandosi in Russia fino alla vittoria compie• ta sulle opposizioni. Oggi sembra che si cerchi di com– prare con l'appoggio a tulle le azio– ni del governo sovietico il permesso per « le vie nazionali al sociali– smo». Ma lo stesso modo come la questione viene posta e se ne parla rivela l'opportunismo e la crisi. Per– chè non c'è solo una via italiana al socialismo da contrapporre a una via sovietica, o polacca o cinese. Ce ne sono molte, in Italia, come in Russia, come in Polonia o dovun– que. Così come ci sono molti sociali– smi possibili. Ed ogni via conduce a un socio.lismo diverso. C'è la via au– toritaria, che può prevalere dovun– que, in Italia come in Cina, in Un– gheria come in Russia, e conduce a un regime sociale autoritario, cen– tralistico, burocratico, terroristico, in una parola staliniano, e c'è la via democratica, riformatrice, liber– taria, che conduce a un socialismo

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