Volontà - anno X - n.3-4 - 1 dicembre 1956

bili ragioni e coll'autorità, collauda– ta d'esperienza, di cento pensatori e poeti; ma è di solito semplicemente un'attitudine fissa ed' un abito di mente, risultato d'una serie di delu. sioni inevitabili quando s'intrapren– dono lavori superiori alle proprie forze e si aspetta che altri, dotati di una volontà libera ed oprante come la nostra, aspettino proprio la nostra venuta per mettersi in moto e se~ gliersi una direzione. iDunque, un passo alla volta, e dopo il primo il secondo ed il terzo e cento e mille e l'ultimo solo dopo il penultimo, se al penultimo ci si arriva. Essere pra– tici e realisti significa appunto fare il passo secondo la gamba e misurare il fi~e dai mezzi, non viceversa. Il voler fare una rivoluzione, per e– sempio, come si fa una biricchinata o nn coruo alla moglie, è semplice-· mente un non rendersi conto che le rivoluzioni !ODO un enorme solleva– mento, un intreccio e un conflitto di volontà trascendenti ogni pio od em– pio desiderio individuale. Si Ia solo ciò che si può fare e ciò che si sa fare, e, .se non si sa, bisogna prima imparare. È imprescindibile avere delle idee chiare su ciò che si desidera, su ciò che si vuole; ma ifi materie sociali i1 figurarsi che la nostra visione sia la sola che necessiti d'essere consi– derata e seguita è un esser dittatori in erba belli e buoni. Se ci son tan– ti uomini e tanti cervelli o, come diceva Cicerone, « quol capila, tol sententiae », una ragione ci dev'es– sere o bisogna inventarla. Sarebbe bello che con tanti esseri umani che nascono ogni minuto, senza contare i già nati, i già morti e i nascituri, 198 proprio noi dovessimo trovare ciò ch'è desiderabile da tutti. La nostra ignoranza su ciò che più conta e abissale, e le nostre migliori intui– zioni sono sempre un pò tremebon– de. Abbiamo appena abbastanza in– telligenza per capire ciò che è bene per noi e ancora lo capiamo di soli.. to quand'è troppo tardi. Se ci sta a cuore la libertà e non vogliamo frain .. tenderla, non dobbiamo ipotecare l'avvenire, sia nostro che degli altri. Badare a fare le cose bene è più im– portante che non voler farne delle brrandi. Solo i fiaschi, piccoli e gran– di, si fanno alla sbadata. Minerva U• scì daBa testa di Giove adulta e ar– mata di tulto punto; ma le creature della terra, diverse da quelle deH'im. maginazione, hanno umili ed oscuri principi, e si sviluppano gradata. mente. Una concezione biologica del• le cose sociali è qucUa che racco– mandiamo, come quella che ispirata dalla vita è meno accline a farle dan– no. Dopo tutto non siamo il Padre Eterno per creare il mondo a nostra immagine e somiglianza con un bel « :fiat » della nostra bocca. Tutto (Jnello che possiamo fare è di .sce– gliere in noi un buon seme, di trova– re un po' di terreno dove piantarlo e poi, colla nostra cura e colla grazia del sole, veder che cresca e rechi frutto. Mi si dirà che il pensar biolo– gicamente c'entra coll'anarchismo come i cavoli a merenda; ma questo è •uno di quei casi in cui son pronto a rispondere che, se non c'entra, tan– to peggio per l'anarchismo. La man– na su cui possiamo contare bisogna coltivarla, che non piove dal cielo. Chi vive nell'inazione, magnifica– mente sperando, muore, come si di. ce, in condizioni poco odorose. L'i•

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