Volontà - anno X - n.3-4 - 1 dicembre 1956

pali dicono: <( Ci metteremo a ripa• rare gratuitamente la trazzera, la no– stra trazzera. Ci redimeremo, lavo– Tando, da questo 3\'vilimento quoti– diano, da questa quotidiana istiga– zione al delitto che è l'ozio forzato. In grazia del nostro lavoro Ja strada tornerà ad essere praticabile. I cit– tadini vi passeranno meglio. Il sin– daco ci ringrazierà >>.Che cosa è questo? È la stessa cosa che avviene quando, dopo una grande nevicata, se il Comune non provvede a far s1>alare la neve sulle vie pubbliche, i cittadini volenterosi si organizzano in s<1uadre per fare essi, di loro iniziativa, ciò che la pubblica auto– rità dovrebbe fare e non fa; è la stessa cosa che avviene, e spesso è .avvenuta, <1uando, a causa di uno sciopero degli spazzini pubblici. i cittadini volenterosi si sono messi a rimuO\'ere dalle strade cittadine le immondizie e in questo modo si sono resi benemeriti della salute di tutti. Giustamente uno dei difensori che mi hanno preceduto, il collega Taor– mina, ha detto che questo è un ca– so di « negot-iorum, gestio »: un ca– so, si potrebbe dire, di esercizio pri– vato d_ipubbliche funzioni volonta– riamente assunte dai dttadini a ser– vizio della comunità e in ossequio .al senso di solidari.età civica. Allora, per impedire anche questo secondo misfatto, arrivano i soliti commissari Lo Corte e Di Giorgi, e <1uestavolta non si limitano alle dif. fide. Questa volt.a fanno di più e d"i meglio: aggrediscono questi uomini mentre pacificamente ]avorano a pic– coJi gruppi dispersi sulla trazzera, strappano dalle loro mani gli stru– menti del lavoro, li incatenano e li trascinano nel fango, tirandoli per le catene come carne insaccata, come bestie da macello. Bene. Rimane dunque inteso che digiu• nare in pubblico è una manifestazio– ne sediziosa; che lavorare gratui– tamente per pubblica utilità, per rendere più strada mta pubblica stra• da, è una manifestazione sediziosa. E a questo punto interviene il giudice istruttore a dare il suo giudi– zio: « spiccata capacità a delin– quere». E poi prende la parola il .P.M.: « otto mesi di reclusione a Danilo Dolci e ai suoi complici ». Bene. Ma come può essere avvenuto que– sto capovolgimento, non dico del senso giuridico, ma de] senso mora– le e perfino del senso comune? Guardiamo di rendercene conto con serenità. Al centro di questa vicenda giu– diziaria c'è, come la scena madre di un dramma, un dialogo tra due personaggi, ognuno dei quali ha as– sunto senza accorgersene un valore simbolico. E, tradotta in cruda prosa di cro– naca giudiziaria, il dialogo etemo tra Creonte• e Antigone, tra Creonte che difende la cieca legalità e Anti– gone che obbedisce soltanto alla leg• ge morale della coscienza, alle « leg– gi non scritte>> che preannunciano l'avvenire. Nella traduzione di oggi, Danilo dice: « per noi la vera legge è la Costituzione democratica»; il com– missario Di Giorgi risponde: o: per noi l'unica legge è il testo unico di pubblica sicurezza del tempo fa. scista ».

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