Volontà - anno X - n.3-4 - 1 dicembre 1956
roniste che rimanevano a capo dei sindacati e di permettere a questi ultimi di riorganizzarsi democraticamente, cioè con l'intervento diretto dei lavo– ratori. Gli « interventores » furono quasi tutti scelti tra i militanti dell'eser– cito e della marina e designati per partecipare al risanamento di settori operai determinati. In teoria il loro intervento non poteva avere altro scopo che la dcpcronizzazione e la rimessa in moto delle organizzazioni tindacali. .Ma per il fatto che furono mantenute e la strutlura e i metodi centralizzati della C.G.L. 1>erouista e che, d'altra parte, gli « intervento-– ree » si considerarono in grande maggioranza come investiti d'tma auto. ritit il.limitata sui lavoratori, questi ultimi non risentirono nessun cam– biamento e si trovarono limitati nella loro libertà di scelta e di decisione quanto precedentemente. Questo, aggiunto al malcontento di cui abbiamo parJato prima, fa sì che i demagoghi, i peronisti e i nazionalisti, sostenuti dai comunisti, arrivino a<Iinfluenzare delle corporazioni che, in circostanze nonnali, li avrebbero respinti. La rico~<1uista della indipendenza e della libertà cl'organizzazione del moviu1ento oper:1io, sco1>01nincipale degli sforzi fatti da tutti i militanti coscienti, incontra, dunque, numerose diCficoltà. È vero che varie federa– zioni e vari sindacati locali sono stati riuniti per procedere a delle elezioni. Ma c1uesto .rinnovamento si effettua nel quadro della vecchia C.G.L. e nell':unbiente di una centrale e di federazioni d'industria souomesse all'in– tervento. Il governo attuale, e (..'Crtigruppi 1>olitici che sperano succeder– gli, pretendono di mantenere il contro11o del movimento operaio e niente pare loro più· utile che di consçrvare la struttura centralizzata e burocratica lasciata dal peronismo. La situazione operaia e sociale si presenta, di conseguenza, confusa dirficilc e piena di pericoli, per ciò che concerne il riton10 alla Ubertà &indacalc e il ristabilimento delle libertà pubbliche in generale. Il vero pericvlo, secon<lo me, sta nel Catto che l'ambiente operaio e l'atmosfora politica possano di nuovo essere intossicate da ordini e da formule dema– gogiche causa il profondo malcontento sociale e che noi ricaschiamo nella triste esperienza degli ultimi dodici anni. Il 1nalc9ntcnto .sociale, noi lo sappiamo purtroppo, non è in sè un fattore di progresso, di liberazione e di giustizia sociale. Nell'attuale si– tuazione argentina noi crediamo fenmnncate che l'avvenire della libertà, con tutto ciò che esso implica, dipende essenzialmente dal movimento ope• raio, dalln !!Ila capacità a liberarsi dai legami che lo tengono prigioniero, a spezzare l'offensiva padronale, senza cadere nella tHppola d'una dema– gogia, vecchia o nuova. J ACOB PRINCE 152
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