Volontà - anno X - n.3-4 - 1 dicembre 1956

<li desiderare. E fra le sue spese bi• aognerebbe calcolare auche i viaggi, la pigione dell'ulficio, la corrispon• denza, lo st.ipendio di un vice.se • gretario stabile in sede, la spesa di un bolleuino continuo, ecc. Eppoi - e questo è l'ostacolo più difficile a superare - ci sarebbe la inerzia dei primi aderenti, e dei se• condi e dei terzi e così via, ai quali si scriverebbero lettere e loro non rispo.udercbbero; bisognerebbe an. dare a cercarli a casa e persuaderli ad uscire dnl bozzolo di scoraggia• mento in cui si sono chiusi. Eppoi, ben presto, se la iniziati– va incontrasse, un solo segretario• organiuatore non basterebbe; ce ne vorrebbe uno per ciascuna delle zo• ne, in cui l'Italia dovrebbe essere divisa. Cioè le spese si moltipliche• rebbcro, via via che i segretari or• ganizzatori crescessero di numero. Come far fronte a queste spese? Niente aiuti esteri, a nessun pat• to! Nulla è più spregevole che l'a– bitudine prevalente, oggi, in Italia, di tener su organizzazioni politiche ed economiche a furia di sussidi e• steri. Le spese dovrebbero essere fatte dai seguaci del movimento. Nessuno dovrebbe essere accettato come aderente, se non contribuisse con una somma minima alle spese di impianto, e se non si impegnasse al pagamento di una quota periodica anche minima. Solo chi è disposto a spendere quello che può per la pro• pria cam;a, dimostra di prenderla sul serio e di volere lavorare per essa seriamente. I comunisti - a parte quei sussidi - impongono a tutti i loro aderenti quotazioni pro• porzionate alle loro possibilità eco– nomiche, e le riscuotono puntual– mente: solo con queato metodo ten- 144 gono su le organizzazioni, e non con quello di domandare il nome dell'a• derente e niente altro. A questo ri• guardo non deve esserci nessuna ri• lassatezza po88ibile: o contributi periodici di tutti gli aderenti alle spese, o non se ne fa niente. Ma qui sorge la difficoltà massi– ma: non è possibile riscuotere i con• tribuli fra gli aderenti, se non esi. ate una rete di organizzatori che li riscuota; cd una rete di organizzato– ri deve esistere prima che si raccol– gano intorno ad essi gli aderenti che debbono pagare. Ci troviamo innan– zi a un circolo vizioso. Il circolo può essere spezzato &0· lamentc grazie a un capitale d'im• pianto impiegato a fondo pei;duto. Quando diciamo che fra il 1890 e il 1900 il primo partito socialista ita– liano sorse dal niente, affermiamo qualche cosa che non è punto esatto. Turati era uomo, per quel tempo, denaroso, e fondò la « Critica socia. le » a sue spese, e contribuì larga– mente per,tener su all'inizio le fi. nanze del nuovo movimento. Bis– solati, Prampolini e gli altri pio• nicri di quel primo socialismo, sen– za essere benestanti come Turati. possedevano abbastanzn per potersi dedicare alla politica senza ricavar• ne uno stipendio. Altri apostoli del– la nuova religione erano avvocati? che si guadagnavano la vita senza molte difficoltìt, oppure funzionari governativi e comunali (specialmen– te insegnanti), oppure operai ape• cializzati (ferrovieri, tipografi), i quali dedicavano alla politica le ore libere dal lavoro che li nutriva: le loro modeste fonti di reddito erano sufficienti ai loro bisogni. Iusomma il movimento socialista del 1890· 1900 fu reso possibile da un capitale

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