Volontà - anno X - n.1 - 1 agosto 1956
l'immagine rappresenta l'evento, in quanto ha in comune con e.sso In strut– tura. Ad, ogni oggetto corrisponde un elemento dell'immagine, e la connes– sione fra questi è identica alla connessione fra gli oggetti di cui gli elementi stessi sono immagine o proiezione. E poichè l'immagine rappresenta l'even. to dal di fuori, può rappresentarlo giustamente o falsamente, può concordare o con la realtà (in quanto essa rappresenta indipendentemente dalla ~ua verità o falsità). Ciò che essa rappresenta è il suo senso: la sua verità o fa]. sit..~consiste nella concordanza o discordanza del suo senso con la realtà. Per poter conoscere se l'immagine è vera o falsa dobbiamo confrontarla con la realtà: dalla so]a immagine non si può riconoscere se essa sia vera o falsa. E qui subito si presenta l'implicazione scettica. Come è possibile un tale confronto? L'immagine non è immagine della propria struttura - non la « rispecchia », semplicemente la mostra. Noi dovremmo quindi formare– una seconda immagine, l'immagine della struttura dell'immagine; e poi un'immagine della realtà; e poi un'immagine con cui si stabilisce la corri- 8pondcnza tra le due immagini (perchè anche la corrispondenza 'è una J/er– bitrdung, un nesso, essendo una relazione).-.. :Ma iper ognuna d.i queste jru. magini sarebbe problematica ]a ,·erità, dal momento che nessuna può essere vera a priori. .. 5. - Un'altra conseguenza scettica derivante da assunti realistici, è quella, notevolmente importante in seno alJe tradizionali dispute gnoseo– logiche, relativa al valore cli verità dell'evidenza sensibile (la cosiddetta « veri<licità dei -sensi ». I sensi ci inganrwno. Questa conclusione critico-scettica è inevitabile ee ci poniamo dal punto cli vista realistico, per il quale l'evidenza eensihile è un•« segno», un « indizio >> o una « testimonianza » di una rcalti1 che ]a trascende o, comunque, sta « ,dietro » o « fuori » di essa. Fra gli antichi scettici si è invocato un argomento che, sebbene ipuzzi di avvocatesco lon– tano un miglio, vale la pena di ricordare J>Crla sua ti-picità. Spesso noi sia– mo stati ingannati dai sensi: vale a dire abbiamo creduto, stùla base di una pretesa evidenza sensibile, cose che poi si sono rivelate false. Ora, iJ testi• monio che ha detto una volta il falso non ·è •più credibile; quùidi, siccome sappiamo che qualche volta i sensi ci hanno ingannato, ora non sono pii1 credibili. L'esempio sa ,di avvocatesco, -ma è tipico. Esso sembra invocare tw criterio umano e sociale, ma in realtà toglie il criterio da una forma li. mite di socialità in cui l'irrigidimento è ,giunto a tal 1nmto, l'alienuzione dell'uomo dalla sua umanità è talmente spinta, che in essa l'umanità va di– strutta. Infatti, il testimonio che una volta ha detto il falso, la volta pros– sima può benissimo dire il vero (allo stesso modo che quello che ha sempre detto il vero a un dato momento può anche dire il falso); 'Perchè un testi– monio non è una bilancia, ma un uomo, che una volta 1>uòavere dei motivi per dire il falso, e un'altra volta, non avendo motivi che lo portino alla falsa testimonianza, testimoniare il vero. E così .potrebbe dirsi degli inganni dei sensi: se sappiamo che ci hanno ingannato, è :perchè abbiamo scoperto 24
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