Volontà - anno IX - n.12 - 1 luglio 1956
gloria del sistema che faceva 1>rogre– clire l'industrialismo . ln realtà, in <Jt1alun<1ueregime, non sono l'operaio o l'impiegato - sottoposti a tecniche di precisione o a tecniche di ingegneria o d,i calcolo - che me11ono in discussione la ]e. gittimi1:"1 del potere vigente, ma l'in- 1ellcltualc che maneggia idee, valori e altri clementi intangibili. Il proces. so di •meccanizzazione tende ,1 ren– dere la mente piì1 conservatrice, li– mitando il senso della fiducia in sé e la •parte dell'immaginazione. All'o– peraio abituato agli clementi tangi– bili della macchina, I' intellettuale <'he tratta di idee pare sospeso a mez. z·aria, e perciò pericoloso. L'opera– tore della macchina ;i.spira a cercare soltanto il riposo dalle dure2Ze del– la macchina e a ottenere una mag– gior percentuale del godimento di tutto ciò che la macchina pone alla sua portata. Quel senso dell'artigianato che era largamente diO:uso in tutta quanta la vecchia società artigiana-contadi. na, sotto il regime della Grande Tec– nologia è ,divenuto la SJ>Ccinlizzazio– ne di un gruppo di tecnici. Dalla Francia di Saint-Simon dell' Otto– ce-;;_to all'America di Veblen e di Ja. mes Jluruham del Novecento, gli studiosi, nelle loro opere, hanno sem1>re considerato i tecnici ( « in• gegneri », « dirigenti ») come i crea. lori delle trasformazioni socia1i. Vi fu un breve periodo durante la Gran– de Crisi in cui il movimento <lel1a « Tecnocrazia » pareva prometter<', o minacciare, un sistema sociale diret– to da <1ueJlo che Veblen chiamava un « sovieL di tecnici », diretto in termini di energia più che di prezzi, 652 1>rofitti e salari. ,Ma la Tecnocrazia, con le sue SJ>eranze e le sue mjnac• re, fu solo una fiamma di brc,•e du– rata. Di ·pii1 am1>ia importanza è quella che Bunù1am ha deffìnito « ri– voluzione dei m.atl(1.gers », che ha provocato in ogni societit industria• lizzata una trnsCormnzione nel1e li. nec di demarcazione fra le dassi so– ciali e uno spostamento del potere. In America sarebbe azzardato soste– nere che i tecnici sono andati al po– tere, ma essi rappresentano un grup- 1>0 assai ben ddfìnito ohe detiene un cerio ,polcrc con alcuni caratteri pro– pri delle élites. ] tecnici sentono di essere i crea– tori e i custodi della ca1>acità pro– duttiva della comunità. Un tempo provavano questo senso di essere i custodi della comunità gli nomini che fabbricavano i prodotti. Ora lo 1>rovano gli uomini che disegnano e costituiscono le macchine e le mac– chine utensili e creano le fabbriche e fanno i 1>iani 1>erle operazioni in: dustriali e le officine. È questo mo– nopolio della ca1>acità e del senso di responsabilità piuttosto che uno sta– tus speciale e una speciale potenza dà loro i caratteri di una élites. Essi non hanno assunto (a dispet– to della tesi di Durnham) le funzio– ni di go\'erno e non vi è nuUa che faccia pensare che vogliano o possa• no assumerle. Tutto il loro interesse è concentrato sul fatto d.elJe loro ca. 1>acitì1piuttosto che sugli usi che si fanno cli tali capacità. La flomanda ciii bono è considerata dai tecnici al di là delJa loro comJ>etenza t<'cnica. Con la loro abitudine alla specializ. zazione e alla divisione del lavoro, essi sono i piia inclini a ]asciare l'e– conomia agli uomini di affari, la po-
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