Volontà - anno IX - n.12 - 1 luglio 1956
leui, lerribili veleni quahuH1ue sin l'etiche11a con cui vogliono presen. iarccli. Tra queste mastodontiche forze che si contendono non solo il domi. nio delle cose ma anche il dominio dei cervelli e delle coscie1w.e della intera umanità, ci sono degli inter– stizi in cui gli uomini amauti dav• ,,ero della giustizia possono pt.:nctra. re e S\'olgervi un'azione liberante. E d sono dei modi che sono alla !)Orlata di ogmmo di noi. Basla, innanzitutLo, rifiutar»i <li a. vere dei padroni e, quindi rifiutarsi di continuare ad essere considerati dei servi. Basta convincerci che ognuno di noi conta per quello che esso ·dà di lavoro e di solidarie!:\ alla società e 11011 per quello che può aspetlarsi da gente che lui stesso llil mandato al potere. Basta convincerci che l'uomo non conta perehè è un numero nel «greg• ge», perchè ha una tessera di un 1>artito o di un sindacato, C maga• ri l'uno e l' altra nella sua tasca, perchè mette la sua scheda nell'nr• na, ma conta solo quando O1>erain piena libertà e nel rispetto della li. bertà del suo prossimo. Basla convincerci che uon sono i 1>olitici ed i preti che d.ebbono ri• solvere i nostri problemi sociali, ma 1ut1i coloro che seriamente e con– cretamcnle fanno qualchccosa di uti. le socialmente. Non è il Papa, che non ha mai avuto figli, che non è mai stato a contano con l'infanzia che deve det. lare o far detta.re le norme per l'in– segnamento nelle Scuole o dare le di. rettivc in fallo di educazione, ma coloro che hanno conoscenza di bam. bini, che hanno un patrimonio di cspcrien7,e educalive, che sono slu• diosi appassionati di lutti i proble. mi che riguardano l'educazione e la ~cuoia. Da quest'unico esempio se ne pos– sono derivare tanli quanti sono i pro– blemi della nostra vita sociale. li che ci 1>orht a concludere: se uon vogliamo perdere la nostra Ji. bertZl non dobbiamo mai riuunciare a fare quello cbe è nelle nostre J>OS• 5ibilittl, non dobbiamo mai delegare ad ahri il potere che è chiuso nellé nostre mani. È una grande ricchezzn che possediamo, fili patrimonio inc– stimabi le e dobbiamo custodirlo, di. Cen<lcrlo con tulle le nostre forze. Certo, che la· slrada che noi anar– chici intravvediamo, è ben più dif– ficile di <1uella che vi indicano, con tanta cerlezza. •politici, governanti e pre1i. Alberi Camus, che è un grancle amico della liberti,, ha detto: « La libertà non è faua di privile. gi, ma esst1 è fatta. soprat.ut.to di dove. ri. Dal momento in, cui. ciascuno di noi cerca di far prevalere i doveri della liberti, sui suoi privilegi, da quel m<mwnto la libertà è sintesi di fovoro e di cultura, e mette in, moto ,ma forza che è la ~ola capace di ser– vire effic"cemente lct giustizia. La strada della libertà non passa, quindi. Ira i J)ri,,ilcgiali, tra i de• lentori di ricchezza o di potere, tra i comandanti, ma fra gli umili, gli oppressi, che sono insofferenti del1a loro schiavitù, fra <1uanti, che, pur avendo ricevuto privilegi dalla na– tura, riescono a sottrarsi ai benefici cli questi loro privilegi e rifuggono da!Ia suggestione del potere e del comando. Ma è sufficiente. mi si chiederà e
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