Volontà - anno IX - n.10-11 - 1 maggio 1956

I' Umanesimo fuori d' Italia, alle qua)i si ricollega l'origine stessa del razionalismo moderno. Il giuoco viene ripreso servendosi del cliché di un cc umanesimo cristia– no >) che altro non è se non la con– traffazione dello spirito critico e il tentativo di neutralizzare in Italia i grandi fermenti di cuhura e di pro– gresso che la civiltà modema porta con sè. Veniamo dunque ai nostri fanciul– li italiani, i quali non conoscono le astuzie della provvidenza; e vedia– mo che cosa 1i attende in prima e in seconda elementare. Dalle parole del programma si può ricavare l'imma– gine di un meraviglioso giardino in cui il maestro, cc dopo aver stimola. to lo spirito di osservazione del fan. ciullo, dirigendo la sua attenzione su oggeui e fatti della più elementa– re esperienza e dell'ambiente locale, lo condurrà, mediante conversazioni, indagini personali, osservazioni più attente, a rifietLcre su quei medesi– mi oggetti e fatti, perchè parlino più suggestivamente alla sua natu– rale sete di conoscere e lo avvierà ad esprimere nelle più varie forme, con spontaneo processo spirituale, i ri– sultati delle -sue personali conqui– ste». Ammeltiamo pure che i nostri fan– ciuUi incontrino maestri o maestre capaci di tradurre in pratica queste ind,ioazioni generali che - a diffe– renza di <1uelJe relative al cc fine >> - non hanno carattere normativo e non sono seguite da prescrizioni di– dattiche, pcrchè lo Stato, che (non si sa come) conosce perfettamente il fine del]' istruzione, « non ha una propria metodologia educativa ». Il meraviglioso giardino 6arà il luogo 568 in cui il maestro cercherà « di otte– nere dall'alunno la partecipazione quanto più possibile spontanea e im– pegnativa alla ricerca e alla conqui. sta individuale di quelle esperienze, cognizioni, abilità, che nel loro com– plesso concorrono appunto alla for– mazione integrale <I.ella personalità in questo stadio delJo sviluppo ». Queste frasi del programma .sembra– no voler antfoipare la descrizione del quadro vivente di un'esperienza nd suo e vario e libero attuar.si. Se c'è una meta che « si esige» che sia raggiunta nella scuola elementare è che da questa « escano ragazzi che ragionino con la propria testa giac– chè saper leggere è ben anche aver imparato a misurare i Jimiti del pro. prio sapere e ad esercitare l'arte di docum~ntarsi ». Benissimo detto .. Se l' intendimento del legislatore fosse qucJlo espresso da queste paro– le e se la meta che « si esige » che si raggiunga fosse veramente quella in– dicata, noi avremmo già il ·quadro di tutta l'opera nella necessaria au. tonomia deJle sue premesse scienti– fi.che e delle sue finalità umane. Do– ve cercare infatti il valore universa– le e il significato ultimo dell'opera educativa, il suo « fine )), se non in quel metodo in cui essa si risolve completamente? Il metodo della ,scienza acquista infatti una funzione altamente conoscitiva e liberante nel– la misura in cui, sfuggendo da ogni presupposto dogmatico, sviluppa lo spirito e la libertà del giudizio: il metodo deJla scienza pedagogica è il metodo stesso della laicità. Ma ecco che il legislatore fa cade. re nel vivo di questa metodologia liberante - opportunamente definì• ta non normativa - il chiuso scrigno della dogmatica e della precettistica

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