Volontà - anno IX - n.10-11 - 1 maggio 1956
che ci governano, poichè anche l'au– tomazione non è che uno strumento, in se Slt>ssonè buono nè cattivo, ma che, in mano a volontà distorte dal senso sociale delle convenienze, po– trebbe provocare gravissimo danno. ANTONIO CARBONARO Sel(nafiamo uf/a riflenione dei lettori la conclwione ,!ella cl,iara e completa espo– si:ione di A.C., il quale 1,ede il pericolo conneuo col costituini di una maggiore possi– bilità Ji pot:!.re ,,er alcuni uomini si. molti altri, com'è implicito n.cll'aul<Jma:ione. la fabbrica 1/el futuro sani (com.e son già oggi certe raffinerie tli petrolio) un'im– mensa congerie ,Ji maccl,i11e. costruite e montate secondo i piani pre-concPpiti !Id hoc cln wi l'istretto grn1,1>0 di specialisti, e che Jun:io11eranno da sole, ave11d() a11cl1e in certa misura la capacità ili atfotlarsi a sopravvenienti irregolaritù 11el flusso delle aper11:io11i. Un miuimo Jt,ruppo di operai avrà solo l'incarico di assicurare clic neuun guasto mec– canico arre.sti l'insieme. Questo è l'ideale, cd è immediato vederne ci() che .si dice il v1mtui:gio: basterà lavorare clue ore al giorno tutti quanti, e le Jabbricl1e daranno pro– rlotti mfficienli per i l,isogni di tutti, Ma bisogna pur chiedersi: e poi? Il lovoro è .~ia,o da sempre l'estrinsecarsi clell'umaniuì paten:iale di cia~u11a JH!r~ sona. E' nel lavoro clic ci siamo sentiti diversi dall'animale. Co11 la leva la ruota il martello l'ascia timi gli ute,isili, nbbiamo moltipliCllta la /aria tielle 11-0Jtrc brriccia l'abi– littì delle nostre ma11i. Ca,i la macchilla abbiamo sommati gli utc1uili ira cli loro, svi11~ colarulofi in una certa misura da noi: e di/alli è con la macchina elle il lavl>rocomincia a s1,ersonali::arsi. Ora l'automa:donc fKOmette di portare al limi/e <1ue!laspersl>nali:– :a:innl', spolilando iJ piano riel lavoro uma110 fino ad una condi:.ione olrre la quale si riscl1ia cl1e j /int ciel lavorar<>ceuino d'essere relativi a bisogni spo,uanei di persone reali, cioè che le fabbriche (e le élites di tecnici che le progetlano) tliventino patlronc desii operai, obbligu11doli infine a volere cose di cui non sentivano alcuna neceuit<Ì ed uclawmdo.si per wod11rle (1 prc.suire la loro opera in attivitci prive d'ogni intereue. Guardiamo clue ese11111i-li111ite, /)er capire i 1ermi11i del problema. U110: il 1,•ccd1io curpc11ticre che costruiv11 (.st:n:.u disegni altrui) u11a barca per il .,ua vicino pescatore, 11scoltumlone i prog"tti di lavoro. L'oltro:l'operaio generico che guarderà Jun:ionarc il .)UO settore di macchine (wogel/alc e costruite e montate da altri ignoti) per produrre 1ube11idi dentifricio de.sti1wti a non si sa clii - e poi si troverà amiiluppoto dalla pub– blicità che vorrà persuaderlo ad ware ancl1e lui quel prodotto, anche .se preferirebbe lavarJi i tienti altrimenti. Dietro ai due operai che c'è? Nel priuw cruo, il car1>e11ticre il pe&catore guardano la barca nascere, vi immet10110 i loro pcnJieri. sen10110 se stessi prol1mgar,i in u,~'ottività crea,rice: c'è la gioia ,,cr. so11ole riel !alloro, c'è in potcn:a la spi11ta libertaria del lavoro in cui ciascu110 vuole realinare se steuo i11.siemcul suo prossimo. E l'oppre.ssione politica non riesce a pene– trare ncll'i11terno di quell'uttillila. Può asservire il carpentiere e il peJcatorc, può ru• bar.si magari tuuo il frutto della loro /otica, ma non può toglier loro il .sen.so di fono che viene dalla maturitiA nel lavoro, Il lavoro rimane un'oasi di gioia sempre aperta al– meno in poten:a, un'aperta sede per rapporti umani privi cli autorità, una perenne wr• gente di libertà. Nel .secondo caso, illvcce, il lalloro è avvelenato alla radice tlal Jatt-0 che piccoli ~ruppi si arrogano il diriuo di governarne tutto il campo. Parlano di servire-il-merca/o, ma i,~ follo giut18C al wo11osito di creare-il-mercato: cioè cui /iniJco110 con l'imporre all'insieme degli uomini bi.1ogni /iJti:i a/fi11cl1èil con.sumo d'u11a tal cosa sia cvJÌ gronde ,lo giustificare la produ:ione di ma.ua senza cui non v'è auloma:ione pos.sibile. Poi, llff 563
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