Volontà - anno IX - n.6 - 1 novembre 1955

guato livello deJl'ante-guerra. Op– pure, come si esprimeva meno eufe– misticamente il dott. Dudley Stamp parlando ai membri della scuola Bancaria Internazionale estiva ad Oxford, al principio di questo mese: << Circa Ja meti, della popolazione mondiale vive ad un livello di fame o quasi>,. Le miniere di carbone del nostro paese ci offrono un esempio dei molti signi6cati che si ipossono attribuire alla parola « efficienza ». Per conto della confederazione dei datori di lavoro, il Pollock disse che ogni ul– teriore spesa fatta per le mjniere deve esere « studiata con la massima diligenza, poichè le miniere inghiot– tono una grande quantità di danaro, ma il carbone che ne esce è in quan– tità minore di quel che se ne at– tendeva ». Si sottintende che il Pol– lock cerca nelle miniere un'efficienza che deriva da un capovolgimento della disoccupazione, situazione del– la mano d'opera; il governo si preoc– cupa meno del costo che della <1uan– titi, di carbone necessario ai bisogni d.ell'industria e degli jmpianti gene– ratori di energia elettrica, onde au– mentare la produzione industriale e conseguentemente l'esportazione di manufotti. Ma se ci fermiamo un mo– mento a domandare quale scopo ab– bia l'awnentare le esportazioni, 1a risposta che riceveremo sarà che lo scopo è di importare le materie pri. me necessarie a mantenere in attività le nostre fabbriche e i generi alimen– tari che non possiamo produrre nel nostro paese. Ora, così stando ]e cose, non sarebbe 1più efficiente cercare di sviluppare il terreno in questo pae– se, in modo da produrre maggiore <1uantità di generi alimentari, invece di sperperar denaro (intendendo con 312 ciò energia umana) nelle miniere? Non dal punto di vista capitaHsta, certamente, giacchè così facendo si verrebbe ad eliminare tutta una quantità di iuteressj commerciali co– me le società di navigazione, Je fab– briche e le officine, Je aziende pa– rassitarie di importazione e di espor– tazione. Le crisi del capitalismo sono parte inseparabile dal sistema, il quale se ne cura al prezzo di alcuni suicidi sensazionali, e di sofferenze indescri• vibili cper mii.ioni e milioni di vitti– me in conseguenza di guerre, di di– soccupazione in massa, di indigenza pei vecchi al termine d'una hmga vi– ta di lavoro. L1. conquista dello spa– zio, del mare e dell'aria da parte dell'uomo, ha ridotto il capitalismo ad un vero anacronismo. Il fatto che esso domina ancora i rapporti fra indi,•iduo e individuo, la produzio– ne e la distribuzione, costituisce la vera crisi, la crisi del genere umano. Le montagne, le foreste vergini e gli oceani che formavano un tempo )f' barriere .fisiche insuperabili separan– ti i popoli gli uni dagli altri, sono stati livellati per sempre. L'umani– tà è una sola, in potenza; ma ne1la realtà sono state innalzate barriere artificiali politiche, religiose, econo– miche, razziste e nazionali Je quali sono infinitamente peggiori de1l'iso– lamento 1nimitivo, poichè oggi noi ci possiamo osservare reciprocamen– te da una gabbia di ferro che noi stessi abbiamo creato, senza muove. re un dito. Nei giorni in cui l'umanità era fi– sicamente isolata, l'autosufficienza era la preoccupazione, l'ossessione di ciascuna tribù, di ogni collettivi– tà. Oggi, con lo sviluppo delle co-

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