Volontà - anno VIII - n.11 - 15 marzo 1955
a un ideale di persona e di gruppo, ma al programma economico di tutto un movimento e si deve poi tradurre in azione; il che non avviene con raltrn di «socialismo», sufficenlemente ampia da ammettere tutte le ini• ziative sperimenta]i basate sui vari tipi di cooperazione su terreno prodm. tiv1, e distributivo e da ing1obare, modificandolo nel senso della solid.1. rictà antiautoritarie, molto di ciò che esiste. Il fatte. che, secondo me, il comunismo non sia (o non sia più) uno dei quattro o cinque or.ientamcnti basici, che ci servono a veder chiaro nella realtà d'oggi e negli ideali per domani (che anch'essi fonnano parie di questa realtà presente) non vuol dire che non sia necessario insistere sul senso vero di questa parola - che designa una sottospecie del socia– lismo su terreno economico - e combattere con i1 meglio delle nostre ener• gìc il suo impiego strumentale, tanto da parie deJla maniCestazione at– tualmente più perico1osa del totalitarismo, quanto da parte deg}i ex-tota– litari o aspiranti totalitari suoi avversari. Tanto l'uno che g1i altri gio– ca•'.) sull'equivoco, utilizzando ]a parola col suo significato tradizionale (pt:r affascinare 1c « masse» dei produttori la prima, per spaventnre le « masse » dei proprietari ed aggiogarli a] loro carro gli a1tri), facendole insieme designare un partito irregimentato internazionale al servizio d'un regime tota1it.ario nazionale, che non ha assolutamente niente di « comu– nista )) e con l'aiuto del quale i quadri di quel partito internazionale ten• dono a trasformarsi in casta dominante. In questa battaglia di parole, chi rifiuta fa tecnica d.i Machiavelli, cioè chi non vuole arrivare a] potere, ha il compito della sincerità, che è un compito adatto per noi. E, giacchè è scappato foori il nome di Machiave11i, approfittiamone per compensare 1'ordine un pò schematico del presente opuscolo con una certa 1ibertà disordinata (ogni tanto non guasta) in queste pagine di pro- 1ogo. Dal tempo d.i Machiavelli in poi, Ja politica è stata considerata come 1a tecnica o, più ancora la fredda e solenne « scienza », che insegna a conquistare e conservare. il potere. Il merito di Machiavelli e, in genere, (del Rinascimento) sarebbe stato appunto quelJo di separare la vita 1>01i– tica dalla vita morale e religiosa che nel l\fedio Evo s'identificava con essa, a]meno in teoria. Ma la morale, esclusa dai procedimenti, ritornava - con inconsapevole ipocrisia - nel tfme ultimo: il Principe di Machiavelli era destinato ad essere 1o strumento dell'indipendenza dell'lta1iat, così CO• 1 Credo che a noi in1eressi in modo speciale riproporre il problema di Machiavelli e del machiavellismo, cioè delle relazioni fra poli1ica e morale, che Croce e il ma1eria• lismo s1orieo danno c,ome defìnilivamente risolto, èppure continuamente raffiora. « Il Vii. ]ari - dice Croce a proposito dei suoi -scritti su Machiavelli - è ancora impigliato nella vieta formola del « fìne che giustifica i mezzi », e del « fine morale» e dei « meui im- 622
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