Volontà - anno VIII - n.11 - 15 marzo 1955

è presa ... o che si prenderà. Questo impiego del futuro può sembrare offensivo, eppure non lo è: in nessun paese come in Italia si sente ora con più tragica intensità, come 1a realtà trascini ,,erso una scelta conlro coscienza e di malavoglia in <1ualunquc senso si effettui; una scelta fra Ja giustizia e la libertà, Ira la società e la persona individuale, fra J'or– ganizzuione e la spontaneità, Ira la classe e l'uomo. Gli anarchici si sono sempre rifiutati a tale scelta e vj si rifiutano ancora. Anzi, un tale rifiuto - ch'è anche nei voti di molti non an3r– chici - nOn appare oggi possibile che sul terreno antistatale, ch'è ap• punto il loro, e su cui il « non imbandierarsi » prende i1 carattere, non d'una equidistante ed inattiva neutralità fra due mali o fra due incon– ci.lfabili beni ciascuno dei quali porta con sè un diverso male, ma di una crcaz.ione nuova in cui i due beni - giustizia sociale, libertà individuale - lungi dal contrastare, si cond.izionano a vicenda. Questa è da molto tempo la vfa maestra dell'anarchismo, almeno per quelli di noi che, senza preoccu1>azioni di stretta osservanza, si sentono nelle grandi linee, in una posizione che si può chiamare malatestiana. Il tumultuar~ rovinoso degli avvenimenti rende oggi (quando essa sareb:be più necessaria che mai, con– tro il progressivo identificarsi del potere politico col potere economi~o, nello Stato totalitario presente o futuro) difficile da mantenere questa via maestra, specialmente in Italia, dove gli e<1uivocj sorti durante il gran s.iJenzio del ventennio sono pili difficili da sradicare che altrove. C'è pili sincerità, ci son meno secondi fini di quanto non si creda, mi pare; quindi è tanto pili possibile parlar chiaro, senza temere le parole. Se ci sono J>arole compromesse, sporche, bisogna lavarle, semplicemente; ma non si 1>ossono abbandonare. Soprattutto non si può rinunciare all'eredità dei secoli, perchè chi sogna una palingenesi totale, un assoluto punto e a capo, si mette fuori della storia e difficilmente sfugge alJa tentazione sui– cida dell'imJ)iego dell'autorità violenta nell'azione. Prima di noi, altre volontà si sono tese, molte vite si sono sacrificate o consumate nella di– fesa e nell'aumento della libertà degli uomini, nella lotta ribelle per la ;iustizia. Ci sono nel passato, ch'è nostro come l'aria che respiriamo, per– chè è rimasto nel nostro presente, delle lince che conducono a noi. E, <1uando le riconosciamo, i nostri rapporti col mondo si fanno J>ill semplici e solidi. Ci sono parole chec sentiamo nostre, come (< soscialismo )>; ri– nunciarvi vuol dire privarci di quel necessario legame col recente passato, mutilnre il nostro presente di altre innumerevoli, anche se incomplete, solidarietà; vuol dire chiudere una porta che può essere utile, per uscire dal malinteso tragico in cui gran parte dell'umanità si dibatte. Diverso è il caso <lei «liberalismo,,. Qui si tratta solo d'una eredità da raccogliere e continuare; o meglio, si tratta di riconoscere una pareo- 620

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