Volontà - anno VIII - n.10 - 15 febbraio 1955

la, nostra carriera avrà i-nizio da agosto >>. Cor6i al suo appello, ma fu solo per vederlo, colpito da colera, consumare per me tfin le sue tÙtime risorse, arrivare aJJe porte della morie senza che mi fosse possibile di soccorrerlo con le mie cure. La mancanza di danaro non ci permise di restare uniti; occorse separarci. L'abbracciai per l'ultima volta. Il 25 gen– naio scorso, medita.i un'ora sulla sua tomba'. Con cinquanta franchi in tasca, un sacco sulle spalle, e i miei qua– derni di fi.losofia come provviste, mi diressi verso il mezzogiorno della Francia ... Ma, Signori, sarebbe abusare della vostra pazienza i] darvi un resoconto dettagliato di quel che provavo nel cuore e nel ,fisico. Che vi -importa, dopo tutto, che io sia stato più o meno assecondato dalla fortuna? Non basta, per meritare la vostra scelt~, aver s9lo della miseria da offrire, e i vostri suffragi non cercano affatto un avventuriero. Tuttavia, se non discopro la mia esistenza calamitosa, chi mi raccomanderà alla vostra at– tenzione? Chi può parlare in mia vece? Tale fu fino ad oggi, tale è ancora la mia vita: abitare nei laboratori, testimone dei vizi e delle virtù del popolo, mangiando il pane guadagnato ogni giorno con sforzo, costretto malgrado il già modico salario, ad aiutare la famiglia e contribuire all'edu• cazione dei miei fratelli; al cenlro di tuttociò, un senso di meditare, di fiJosofare, di raccogliere le minime cose dalle osservazioni più impreviste. Stanco delle condizioni precarie e miserabili di operaio, volJi alla fine tentare, insieme ad un mio confratello, di organizzare un piccolo stabili– mento tipografico. Mettemmo insieme Je nostre misere economie e tutte Je risorse delle nostre rispettive famiglie vennero gettate in questa specie di lotteria. Le nostre speranze furono disilluse dal gioco perfido degli affari: ordine, lavoro, economia, nulla servì; dei due soci amici, uno giunse fino ad un angolo di bosco per morirvi di sfinimento e di dispera– zione, l'altro può soltanto pentirsi di aver intaccato l'ultimo pezzo di pane di suo padre. Perdonalemi nna volta ancora Signori, se mostro questo 1ato della mia vita piuttosto che esporvi dei tito]i. Sconosciuto ~1JJamaggior parte di voi, ho dovuto, mi sembra, dirvi ciò che sono stato, ciò che sono. E non è fenza una certa ripugnanza che consento a raccontarvi alcune circostanze della mia vita, a svelarvi Jo stato abituale del mio spirito e del mio ca– rattere. Tali con!fi.denze non mi parrebbero ben poste che fra eguali e fra amici. Mi hanno detto che voi lo sareste stati per me, e ho fiducia di non essermi ingannato. Nel 1836-37, una lunga malattia che mi aveva costretto a interrompere il mio lavoro di laboratorio mi rimise alJo stuello. Alcuni saggi abbastanza 1 La eondsionc Jcllo serino potrebbe lasciar credere al lenore che Proudhon al,. bandonasse il suo a!lliCo morente, ciò che era lungi dal suo 1emperameu10. Fallot fu oolpito dal coJera neJ 1832. Subito dopo la guarigione, i due runici si separarono man• ,·ando di mezzi e Prouclhon parti per cercar lavoro. FaUot divenne vice biblio1ecario all'htituto e segrctorio della Commissione Guizot per In pubblicazione dei documenti relativi alla ~toria di Francia. Fallot morì a Parigi il 6 luglio 1836. 599

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