Volontà - anno VIII - n.10 - 15 febbraio 1955
le mie care e preziose credenze: professai successivamente tutte Je eret-ie condannate dalla Chiesa e riferite nel dizionario dcJle eresie delJ'abate Pluquet; non mi distaccavo dall'una che per immergermi neU'opposta, iìnchè infine, stanco, mi arrestai a1J'u1tima ch'è Corse la pili irragionevole di tutte: ero divenuto seguace di Socino. Caddi in uno scoraggiamento profondo . .Frallanto Je commozioni politiche e la nUa miseria personale mi spingevano .a meditaz'ioni 6o1hat-ie, gettandomi ognor pii, nel turbjnr della vita attiva. Per vivere occorse che abbandonassi la mia ciuà e i} mio paese, prendessi l'abito e il bastone del peJlcgrino e cercassi, di tipo– grafia in tipografia, alcune righe da comporre, a1cune boz:,,e da ]eggere. Un giorno vendetti i m.iei premi di coUegio, la sola biblioteca che abbia mai posseduta. Mia madre pianse; a me restarono gli estratti manoscrilli delle mie letture. Tali estratti, che non potevo ceri.o vendere, mi seguirono e mi tonsolarono 1>oi ovunque. Percorsi così una parte della Francia. esposto ta1volta a non aver ]avoro e pane ,sufficente solo perchè avevo osalo d.irc la verità in faccia ad un padrone che, per tuua risposta mi cacciava bmtalmente. QneJl'anno stesso, impiegato a Parigi come correttore, stelli ancora una volta per cader vittima ,della mia fierezza di provinciale; e senza l'appoggio dei miei colleghi, che mi difosero contro le ingiuste pre• venzioni di un caJ>O Jaboratorio, mi sarei forse trovato costretto - spinto daJla fame ~ a prostitllirmi a quaJche edi1.ore. Malgrado tulle le priva– zioni e Je miserie già sofferte, questo estremo mi parve sempre il piìJ orribile di tutti. Tuttavia la vita dell'uomo non è mai tanto penos.i e abbandonata da non esere Cecondata du qualche consolazione: avevo incontrato un giovane che il destino tormentava, come me, con le contrarietà morali e con 1'as. siJlo della povertà. Si chiamava Gusl.ave Fallot'. Al fondo di un Jaboratorio ove mi trovavo, ricevetti un giorno una 1cttera che mi invitava a lasciar tutto per andare a raggiungere il mio amico ... 11. Tu sei infolice, mi diceva, e ]a vita che tu conduci non è faua per te. Proudhon, noi ci sentiamo fratelli; finchè anò pane e una ca. mera, dividerò tutto con te. Vieni. Vinceremo o soccomberemo insieme ». In quel tempo, signori, egli aveva indll"izzato una memoria presentandosi ai vostri suffragi come candidato alfa pensione Suard. Senza nulla riie. rirmi, si proponeva, qualora fosse stato preferito, di abbandonare a me il godimento di quella pensione, riservando per se stesso l'onore del titolo e i vantaggi preziosi che esso comporla. « Se sarò noniinato in agost.o - mi diceva senza spiegare di più - 1 Gu,.1ave Fallot era pensionato Suard. In una lettera - quella a cui allude Prou• dhon - scritta all'autore nel 1931, gli prediceva: « Tu $arai, Proudl,on, tuo malgrado, inevitù.bifmP11te, per op1>ra del luo fic1Jti110, u110 /JCtittore, un au1ore; tu /JOrai zm filo. so/a; tu 1Jllrui,mu delle luci del secolo ... ». L11 lc1tcr11 è pubbli<'atll hllcgralmentc i11(( t<i Jcw1e1J.~C de P•oudli<m 1, di 0.'.l.nid lla– lévy (Cuhien du Ccn1re, V .serie). 598
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy