Volontà - anno VIII - n.10 - 15 febbraio 1955
Posta così ue] quadro siudacale, l'azione diretta non può non avere una forza educativa. Essa s'imprime come una imperiosa necessità di lolla, di resistenza. Essa forgia una coscienza capace rli portare coloro che si sono riuniti per la Joro propria difesa, a concepire una coesione fraterna per le loro 1otte comuni. « Da tale insegnamento deriva che ciascuno -d.eve agire senza addossare mai ad altri la cura delle proprie faccende ». Ginnastica di compenetrazione di sè medesimo che dà all'individuo un valore personale proprio; per deduzione si può aggiungere che vi è una esaltazione deJ valore del potere fecondante delJ'azione diretta. (( Essa impegna l'energia umana, tempra i caratteri, affina Jc forze. Essa insegna ad avere .fiducia in sè. A non con Lare che su se stesso. Ad essere 1rn– dronc di sè, ad. agire di persona >>. Possiamo ormai tentare con sicurezza qualche paragone ed accostamento tra ltuesto modo di concepire ]a Jotta liberatrice, quale 1a vede Pouget e i metodi che saranno raccomandati più tardi dai Gandhi o dai BarthéJemy de Light. Certo, punti essenzia) i ed altro ancora separeranno le due concezioni. Non saranno piuttosto i metodi ad essere divergenti? Ma i mcLodi si modificano, variano secondo i tempi, i luoghi, gli ob– biettivi. In questo campo si può affermare che l'azione dirclla dei nostri paesi occidentali si vide costretta, dalJ'evoluzione sociale e dalle circostanze, .ad abbandonare certi aspetti « romantici » deJla sua azione. L'<cera delle barricate » risuha sempre più anacronistica d.i fronte ai mezzi (< atomici )) e le manifestazioni di piazza si rivelano fuori Juogo, inoperanti, anzi dan. nose se si tien conto dei vasti dispiegamenti delle forze repressive. Lo sciopero bianco, l'occupazione delle fabbriche, l'ostruzionismo, il sabotaggio hanno segnato nuove tap·pe nella loti.a sociale. Si tratta di aUar– garne ruso, di studiarne il significato, e l'utilizzazione che se ne deve fare, senza lasciarla sfruttare dagli .ambiziosi o dagli arriviJ:ti che cercheranno di ricondurre queJle diverse azioni a dei fini discutibili. Maxime Leroy fin dal 1913 in << La Coutume Ouvrière >> non ha esitato a scrivere: « L'azione diretta -è duoque un metodo, il metodo che dà l'unità a tutta J'attività operaia, e nello stesso tempo è una filosofia che si riassume -in queste brevi parole: l'emancipazione d.el lavoratore sarà opera dei lavo– ratori •stessi >>. Ecco l'azione diretta prendere corpo, divenire una filosofia che impe. gna l'uomo alle sue responsabilità collettive. Su questo argomento il mio amico Gérard de Lacaze-Duthiers, antico presidente de ccl'Association des Ecrivains Pacilfistes >) ha lasciato alcune parole ben meditate. << Non c'è che l'azione attraverso alla quale il ~indacalismo di certe cor– renti rivoluzjonarie pensano di far trionfare le 1oro rivendicazioni che si possa qualificare azione diretta. C'è anche - e paral1elamente a questa 590
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