Volontà - anno VIII - n.8 - 15 dicembre 1954

1>ergli uni è errore per gli altri. Non arriv"iamo a metterci d'accordo sopra le pili semplici questioni. Tessuno è ca1>ace di prescindere dalla propria soggettività per scoprire e detP-rmi– nare .la \'erità oggettiva deslinata ad uuifìcarc il mondo. Alcuni .uomini credQno o pretendono di possedere fo veritì1 oggettiva nella propria ma– no. Sono i nemici della libertà per• chè falsifwano la loro verità sogget• 1 h•a e 1>ersonale in verità oggettiva ed assoluta. E' mediante quest'errore o c1ucsta soperchieria che arrivano qualche volta a unificare una parte del mondo, cioè 1>ermezzo della ti. raunia. Nego, <1uindi, l'esistenza deUa ve. ritì1 oggettiva e mi trovo a dibatter– mi in un dedalo di contraddizioni. Parlando dell'errore o ,lella soper– chieria di chi falsifica la sua verità sogge1tiva, presuppongo una misura della veriti1 assoluta. Il falso non può essere constatato so non per ,;ontrasto con il vero. Il pii1 curioso è che nessuno può 1>re– scindere dalla nozione di una verità ogget1iva senza cadere neJl'assurdo. Dove sta, quindi, questa verità ogget– tiva? Fuori di me non ]a trovo da nessuna parte, e siccome non pos– seggo sufficiente capacità per distin– guere i.I vero dal (also oggettivamen- 1e 1rnrlanJo, non la trovo neppure dentro di me. E' (1uesta la tragedia del.la vita a cui ho accenn~to prima. Cercandola d,ove non esiste ]a trovo dove non m'aspetto. La misura per cui riconosco le mie conoscenze co– me parziali o relative, e il mio pun– to cli vista come soggettivo e perso– nale: ecco Ja verità oggettiva. Con la verità oggettiva abbiamo nelle nostre mani non un'idea nuo– v:i, ma un valore che modificherà le nostre idee nel senso della libertà, del.la tolleranza. Qui sta Ja verità, 1a sola che può unificare il mondo conservando nel med.esimo tempo la diversità che gli è propria. Una ragione suprema mi dice cJ1e la veriti1 si trova sempre pili al di là delle mie conoscenze, de.i miei sentimenti e dei miei pensieri, dei miei amori e dei miei odi, dei miei dolori e delle mie gioie. Le darei vo– lentieri iJ nome di Dio se i falsari di lutte le religioni non avessero degra– tlato Dio alla condizione dj tiranno, J>ermezzo del quale vogliono impor. re le ]oro meschine opinioni. Possediamo la verità e non la pos– sediamo nello stesso tempo. Non la possediamo se crediamo di possederla. Se interpretiamo come verità oggetl iva quello che è soltan– to apparenza cadiamo nell'errore. Rimaniamo sempre nell'errore -se credjamo oggettivamente vero un dogma religioso, una Jegge scientifi– ca, una teoria economica o socia.le. Ogni verità che mi sodisfa e che dif. fondo con il fanatismo di un Dio sa• pientc, è un errore. La verità risie– de nel.la coscienza del vero scienziato che sa che le sue ricerche non hanno un fine e sono sempre relative; risie– de nel vero mistico capace di render– si conto che Dio rimane sempre al vertice delle sue noziofii; risiede nel ribelle che evita iJ fanatismo esclu– sivo con l'ironia dolce e santa cli cui parla Proudhon e che rappresenta la garanzia della tolleranza. La verità nella comunicazione reciproca La tolleranza, quindi, non è un at~ teggiamento negativo di debolezza o d'indifferenza; è il solo mezzo di 427

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