Volontà - anno VIII - n.6-7 - 15 novembre 1954

che anche dicendosi proletari tendo– no in seno al regime vigente alJa con. <JUistadel lo Stato, o sì propongono, nella società fotura, di realizzare a loro ,•olta una forma qualsiasi di mo. nopolio o di autorità indh•idualc o collettiva. L'anarchico è al fianco di tutti i lavor11tori .fino a che rivendicano i lo– ro diri11i, ed è contro anche ai lavo– ratori, come a chiunque altro eserci– lÌ o intenda esercitare autorilìl, quan– tlo i lrn•oratod intendano, sotto una formu 11ualsiasi, costituirsi in regime di monopolio o di go,,crno. Pcrchè, secondo l'anarchico, è diseredato chi è ,,juinrn de.Ilo s(ruttamento capitali– Sia o del pri,•ilcgio politico. La responsabilità dcli' anarchico incomincia e finisce do,·e incomincia– no e dO\·e finiscono gli atti da lui t::ompiuti od espressamente approva– li. e dove incominciano le parole da lui stesso pronunciate o scritte, o e– ~prcssamcnte appro,•ate. La responsabilità dell'anarchico è quindi stretlaruente individuale; e– gli non può c~scre tenuto a render ,·onro che delle sue azioni, o di quel– le azioni altrui che abbia fatte sue. Ciò vuol dire che nella lotta quo– tidiana Ira capitale e lavoro l'anar– chico vale come individuo, portando la sua 1H1rolae la sua azione tendente a meltere in rilic\'O il carattere effi– mero delle coru1uistc parziali e la neccssi1i1cli affrontare il problema di classe nel suo complesso rivoluziona– rio; non altcgginndosi, con procedi– mento demagogico, a possibile salva– tore della ,e massa» operaia; non ac– cettando d.a questa cariche e Cunzio– ni in contrnddìzione coi suoi i,leali anarchici; non facendo atto di rico– noscimento, nè in nou1e proprio nè in nome di altri, della legittimità del 360 regime economico e politico esisten– te; bensì dimostrando di essere tra i lavoratori un Javoratorc che espone i principii e Je con<.-czioni anarchiche della lotta con provabile disintereasc personale, preoccupato soltanto di persuadere i suoi compagni che l'e– mancipazione integrale dei lavorato.. ri non 1mò compiersi che per l'opera diretta e assidua dei lavoratori stessi. Si considera generalmente, anche tra anarchici e rivoluzionari, che la questione economica J>ereccellenza è la competiz-ione d.i classe tra proleta– riato e capitalismo sul terreno della produzione. Certo è questa pure una questione economica di grande importanza in quanto che dalla sua immediata so– luzione nel compromesso che abbia un riguardo maggiore per le condi– zioni di vila e di la,·oro d,elle molti– tudini lavoratrici, dipende quel tan– to di benessere che a queste in regi– me borghese è dato conseguire. .Ma il suo è un valore tutto contin– gente: rappresenta il pane quotidia– no dei lavoratori, le ore di lavoro, le condizioni igieniche della fabbrica e dell'officina, la possibilità di assur– gere, attraverso una diminuita inten– sità e durata dello sforzo produttivo, a,I una ,•ita meno dura e ad una pili l.irga espansione delle facoltà intel– lclth•e. Ma l'aumento d.elle <1uotcsa– lariali, la riduzione degli orari lavo– rati"i, l'alleviamento, anche, della tensione nervosa i1nposta dalla po– lente« razionalizzazione >) del lavoro meccanico industriale, non escono dal circolo della produzione capitali– sta. I rapporti di sCruttamento e di sog. gczione, tra capitale e lavoro, tra pa. tlr("lnee salarialo resiano immutati

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