Volontà - anno VIII - n.3 - 1 luglio 1954
gn1,a collaborare e ad addossarsi vo• h·ntic['i compili e oned collettivi. Chiamalcli a vivere in una comu. nilì1 di esseri vivi e non di mummie inchiodale ai banchi e vi accorgercle che posseggono ricchissime risorse sociali, che allendono sohanto di es. sere svegliale e utilizzale, sia pure in modo diverso nelle dh•ersc età. Gli esperimenti folli nell'immedia. to dopo-guerra, Cuori dei quadri del. la scuola ufficiale (Villaggi e Rcpuh• bliche di ragazzi, Scuole-Città, 1\fai. sons d'cn(ants, raccolti poi in parte nella organizzazione inlernazionale F.I.C.E.) hanno ripetutamente con• fermato la foconditil di un sistema di comunità sociali autogovernantisi, a patto che siano controllate da edu– catori autentici. Non imporla che l)arccchie di queste istituzioni siano cadute, un po' per deficienza di mez• zi, un po' per resistenza delle autori• tà burocratiche, per lo pili J>Crinsi• 1,icnza degli organizzatori. Le poche sopravvissute hanno dato risultati In. singhicri e hanno contribuito a su• scitarc un largo 1uovimcnto di idee intorno al probleurn clella scuola at• I iva. Anche i loro errori fono stai i ricchi di ammaestramento. La trasformazione della scuola at. tuale, soverchiamente intellettualiz– zata, in comunità sociale è diventata una esigenza tanto piì1 impellente quanto piii la prima naturale società in miniatura, la famiglia, per com• plesse ragioni storiche, è sempre me• no in grado di assolvere la sua fon. zione originaria. li padre e la madre hanno cessato di essere i due poli della 1>rhua educazione. Lo sponla• neo disciplinamento sociale che ca– ratterizza il nucleo familiare nell'or• dinamento agricolo e artigiano della 146 societìt, è stato distrutto dalla rivolu• zione induslriale, che ha dissolto, specialmente nei grandi centri, il fo. colare domestico. La scuola dovrit 1>rimao poi assumere su di sè la gra. vosa eredità, trasformandosi in una famiglia, in una rudimentale comu– nità sociale. E' una necessità cui non sarà lecito sottrarsi molto a lungo e a cui cominciano a non sottrarsi i 1>opoli pii1 avveduti. Le diHìcohi1 a ()Orlare innanzi <1ueste trasformazio– ni, abbiamo giit veduto, sono solo in !)arte di ordine dida11ico. Una delle maggiori resistenze si trova nello stesso ordinamento scolastico tradì. zionale. li costume e le 1radizioni hanno dato a molli insegnanti il scn• so di appartenere a una c,u1ta chiusa che ha i suoi riti e le sue formule ma– giche: richiamarli alla spontaneiti, delle ['elazioni familiari anche nella scuola non è facile; sembra loro di degradarsi a persone comuni. Già Pes1alozzi ha osservato che i profe.s. sionali della scuola si ribellano al suggerimento di ridiventare dei sem• plici mortali. Non è facile persuader! i che occor– re conc~ntrare l'attenzione sulla for– mazione del carattere o della 1>erso– na, anzichè sulla trasmissione di un corredo di cognizioni utili, che il sa. pere non si comunica ma si suscita stimolando l'esperienza pel"sonale dc. gli alunni, che la disciplina deve na• scere dalle occupazioni e non essere imposta dall'esterno. Gli stessi geni– tori concepiscono l'insegnamento sco– lastico coiue una routine Ja cui non è lecito allontanarsi. Molti di loro considerano eresia f>Cresempio il non assegnare compili a casa, il non far fare r.serei,;i di cal. ligrafia e di dettato, non assegnare componimenti, occupare i ragazzi in
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