Volontà - anno VIII - n.2 - 1 giugno 1954
,uione di numero (il numero crescente d'indi"idui che vogliono godere dei 'benefici della civi.ltà senza pagarne il prezzo), si lascia nell"ombra la que– stione cruciale: lo sconfitta delle élites politiche e i11tellettuali alle quali si cleve pre5umere che /055e t1/{iclatala 5a/vaguarclia dei valori di civiltà. TI semplice e bruto «numero», si può ritorcere, non avrebbe prevalso se le élitcs non a,,essero esse stesse ceduto a "alori (o pseudo-valori) muneriei e qnnntitativi, o a una concezione della « ragione » per cui avere un'idea non significa necessariamente essere in possesso delJe ragioni di averla. t evi– dente che l'avvento delle masse quale lo descrive il grande inteHeuuale spagnolo significa di per se stesso non certo la disfatta d.i Platone, di Spi– noza o di Voltaire, ma sicuramente una crisi radicale della 1radizione uma– nista sulla <1uale, fino al 1914, cru ancora lecito credere che fosse fondata la civilti, curo1>ea. Comun<1uc, il problema delle masse è per l'appunto il 1>roblema dell'impotenza reale o apparente dell'intellenualc, dell'educa– tore nclb societlt di massa. I termini della crisi sono Chiarnmentc indicati in un saggio di Hannah Arcndt apparso recentemente nella Partismr. Review sotto il titolo « Tra– dizione e modernitìl )>. << li pensiero politico tradizionale - scrive Hunnah Arendt - comincia esatlamentc con l'insegnamento di Platone e d'Aristo– lele; esso termina non meno esuttamcnte con le teorie di Carlo Marx. Agli inizi, c'è l'allegoria della caverna nella Repubblica di Platone, con la de– scrizione che Platone fa della sfera degli affari umani .. , in tennini di tene– bre, di conCusione e di illusione da cui coloro che aspirano alla verità devono allontanarsi se vogliono giungere alla visione del cielo luminoso delle idee eterne. Quanto alla fine, essa \'enne cÒn l'affermazione di Marx secondo la quale la filosofia e la sua verità, lungi dal trovarsi fuori degli affari umani e del mondo reale-, sono situati precisamente dentro di essi, e non possono ,e55ere realizzati che nelJa sfora della \'Ìla collettiva, medi:mle la formazione dell'uomo soci"/i.::at.o ». li mito plutonico della caverna simboleggia quel.lo -che è Sinio fino ai giorni nostri l'ideale della cultura umanis1n; la tesi mar– xista è invece In tesi fondnmcntale dcll'èrn delle nrnsse ed esprime con par– ticolare rigore una <'.Oncczioncdel rapporto tra l'intellettuale e In mussa che è la concezione propriamente moderna. I marxisti ne sono i sostenitori pili coerenti, in <1uanto ne fanno il principio primo della loro etica; ma, più o meno organica, la tendenza a concc1,ire il rapporto di subordinazione di <1uellaa questa la si ritro,·a anche tra i non-marxisti. Di fatto, rari sono oggi gli intellettuali che uon la condividano; più rari ancora, poi, <1uellidisposti a far propria, col rigore che e85a comporta, la tesi 1>lntonica. In Marx, naturalmente, quel che è cnratterist.ico non è l'idea che il fiJo– .gofo debba sentirsi solidale con i suoi eimili e aiutarli a liberarsi dall'errore e dnl male. Questa idea è anche in Platone, visto che, 1>er l'nutorc della Repubblictt, il filosofo che è riuscilo ad uscire dalla caverna e ad acquistare la visione delle idee eterne ha l'obb1igo di far ritorno tra i suoi simili per comunicar loro le verità che egli ha appreso e persuaderli u volgersi verso 74
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