Volontà - anno VIII - n.1 - 1 maggio 1954
dovermi dispensare dal partecipare direttamente alle attività belliche, io penso che vorrei trovarmi tra coloro che sparano - e forse sparare. Il timore di esser soffocati da un ambiente che rende presto vana ogni buona intenzione di trasformarlo dal di dentro è grande e sacrosanto {e ri– cordo bene un articolo del Malatesta pubblicato da « Volontà » in cui era descritta con efficacia l'involuzione che subisce l'anarchico accettando di entrare in Parlamento), ma il timore di restar fuori a ,:uardare l'umanità chb .;idibatte è in me ancora più grande. E' pacifico, mi pare, che il mondo moderno ha caratteri tali per cui ,iesswia voce vi risuona e vi agisce se non sale da un gruppo fortemente organizzato, ed anche l'uomo o il piccolo gru,ppo - forte solo della sua buona volontù di comincfore a migliorare se stesso - è esposto a pericolo di grave iuvolu:imw. Non dico questo perchè mi paia importante che la nostra voce abbia estese e « politiche » risonanze, ma perchè credo che una certa ri– sommza dell<i propria voce ha un'importmiza morale - onde non si scada nell'infeco11dità dell'isolamento. La nostra voce, se deve innanzi tutto dif– fomlersi per il meriJ.o intrinseco dei valori che propugna, mm deve però esser soffocata giù u priori dalla nostra sprovvedutezza sulle condizioni sto– riche del mondo. E' ptrcifico che gli Stati sono impiantati con una solidità che ,wn rivela incrinature sensibili, che due terzi dei loro bilanci è impiegato a fomiture di guerra, che i part.iti a grande raggio fioriscono. Ebbene, non acceUiamo tutto ciò, e buttiamoci in mezzo. Cioè: non ac– cellicmw moralmente, e accettiamo storicamente. Un giomo, dopo "ver sparato e prima di sparare ancora, ci riuscirà di lasciar cadere il fucile, di ri-nuuciare all'affermazione «politica» che una pallottola in più ci ,wrehbe procurato, all'incremento della nostra carriera che w1 atto tiutoritario in più ci avrebbe procurato. Voi vedete che per conto mio io giungo sino a ww posi:ionc religiosa che dà valore in sè ad ogni singolo atto « buono » anche se senza fede e sen:u preoccu.pazione di rnggiungere eOettivi risult.ati sociali. Cert.o voi ,ion potrete mai accettare questo, e talvolta io stessa mi ri– bello tt questa conseguenza estrema di un atteggiamento che non sempre~ però, vi co,u/uce e di ,iecessità. E' comunque un at.t.eggiamento di non troppo pesmite esigenza. La società etica è un ideale-limite, è un elemento attivo del nostro spi– rito. Non può essere un programma o un manifesto. Benchè voi lo abbiate in pari.e compreso, ancora rimanete vincolflti, non comprendo bene pere/tè, alla tradizione anarchica che solo in piccola parte e in modo non signifi– cante porta quel concetto di int"ima responsabilità umana che voi sostenete. Se voi usciste dalla vostra definizione di anarchici vi accorgereste che siete già milioni; poichè in tutti gli uomini vi è un po' di buona fede; in alcuni abbastanza salda; in molti neanche sempre presente ma ta·volta sì. Noi siamo loro, e loro sono noi. 8
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