Volontà - anno VII - n.8 - 15 novembre 1953

all'umano tra noi mediante il rifio– rire dei contrastanti giudizi perso– nali, delJe diverse iniziative perso– nali, [uori del terreno della politi– ca, Cuori degli interventi dello Stato. I pochi che fo tal senso si batto– no - sostanzialmente i pochi libe– rali sul serio, i pochi anarchici sul scrio, i pochi che sono o l' uno o ]'altro ma non lo smmo - sono nel caos di oggi il solo seme e I~ sola speranza d'avvenire. Trieste del mio cuore. Ecco un altro saggio della stupi– di1à dei. t< grandi uomini » e della passivi1à con cui la tollerano i po– poli. Due popoli, l'ilaliano e )'jugo– slavo: ambedue molto misti, ambe– due molto giovani; ambedue man– canti, seppure in diverso grado, di scuole di ospedali di strade di case ecc.; ambedue, in diverso grado, in cerca degli orientamenti migliori per Je loro attività agricole ed in– dus1riaii e commercia:li; in sostanza « complementari », nel senso che par ovvio in quanti modi potrebbero aiu– tarsi nella loro fatica verso condi– zioni migliori. Ebbene: i politici son riusciti a 1nontarli l'uno contro l'altro. La stupiditi1 s'esprime in superfi– ci~ in forme anch'esse analoghe nrn diverse. A Belgrado gli studenti bru– ciano in elfigie Pe11a, gridano « non daremo mai Trieste ». A Rnma gli studenti sfilano pii, composti, agit.an. do tricolori e cartelloni con «W. Trieste)} ed «Abbasso Tito)}. Ma nel profondo è pro1)rio la stessa cosa. Nelle molte regioni dell'Jugoslavia, come ne11e molte regioni dell'Italia, ]a gente comune assiste all'oratoria 410 dei Capi restando completameute passiva, come se non potesse deri– varne la guerra ed il caos - ed .il tutto per una causa assolutamen1e priva di ogni pro1)orzionc con lç mi– naccic ed i pericoli che se ne sen– tono con~guire. Abbiamo detto altre volte, qui: una piccola Svizzera che funzionas– se da f>0nt~ c. da legame tra l'Italia l'Austria l'Ungheria la Jugoslavia sa– rebbe stata la soluzione di senso co– mune, se i governanti di Mosca e di Washington - in <1ucsto molto a[~ fini - non avessero l)retcso a1'Qbedue di comandar"i da soli, con che ogni idea di quel genere è divenuta i111. praticabile. Sbarrala questa strada, ogni solu– zione sarà difettosa. La realtà delle terre contestate è semplice, nena: le cittadine costiere sono quasi 100 per cento di italiani, fo terre dell'in– terno sono quasi 100 per cento cli slavi. Dove stabilire confini? Una Regione Tr.iestina, libera, sen– za dogane, zona [ranca per tutti gli Stnti confinanti, avrebbe in fonclo a– gito a minimizzare il valore di se– parazione delle loro Crontiere. La li– nea di confine che si verrà a defi– nire tra Italia ed Jugoslavia, qua– lunque essa sia, costituirà invece una trontiera irta di reticolati e sorgen– te perrnnc di rancori e di sos1)e1ti. h1tanto nessuno si chiede: che ne pensano gli abitanti di Trieste, del– ]'Istria? Basterebbe forse porre one– stamente <1uesta .domanda - non nella forma bru1alc della scelta ob– bligatoria tra il dominio di Belgra– do o quello di Roma - perehè una indicazione risolnti,•a, nè per Roma nè per Belgrado, uscisse Cuori. Ma chi si preoccupa mai di loro?

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